Ludovica. Noir atipico. Terza parte

Ludovica. Noir atipico. Terza parte

Racconto e foto di Salvatore Conaci

L’ho seguita, dannazione. L’ho seguita giù per la scaletta, e ci siamo ritrovati sugli scogli schiaffeggiati dal mare arrabbiato. Il buio era denso, si poteva toccare. Intorno a noi, nessuno. Di spazio ce n’era, ma ci respiravamo addosso. Il suo odore. Cristo, il suo odore. Un istante appena, ed eravamo di nuovo avvinghiati. Mi ha messo le mani sul torace.

Ci ha messo poco a trovare la pistola nell’ascellare di cuoio. «Ecco perché indossi la giacca, nonostante il caldo», ha sussurrato, fingendo una calma che non aveva. Ma avrebbe voluto chiedermi perché fossi armato, e che intenzioni avessi. Lo sentivo, il desiderio che lentamente lasciava il posto alla paura. L’ho stretta a me. «Sono un ispettore privato. Ero in servizio, in quel locale, fino a quando non ci siamo parlati.»

Lei si è lasciata stringere. I baci hanno ripreso a moltiplicarsi. «Te la do io una cosa su cui investigare…», mi ha alitato sul collo, «cosa porto sotto il vestito?»

E io ho investigato, dannazione. E più investigavo, più il mondo intorno spariva per me e per lei. Mi ha slacciato i jeans, le ho tirato su il vestito, e tutto quello che è successo dopo sono cazzi nostri, perdio. Alla fine si è ricomposta velocemente. Avrei voluto parlarle, chiederle finalmente qualcosa di lei, ma ha controllato lo smartphone con agitazione e ha detto ch’era tardi. È corsa su per la scaletta prima che potessi tirarla a me per l’ultimo bacio.

«Come ti chiami?», le ho chiesto. Ma la verità è che stavo implorando. Ero già stregato, cazzo. Irrimediabilmente stregato.

Si è fermata a metà scala. «Ludovica. Tu?»

«Patrizio. E devo rivederti.»
«Se è destino, riuscirai a ritrovarmi», ha sorriso. Poi è sparita nella notte, lasciandomi sugli scogli come un rifiuto da picnic.

Sono tornato a casa che sapevo di lei. Mi annusavo le braccia, i vestiti, le mani. Non sentivo che lei. Non pensavo che a lei. Ludovica. Ho ripetuto il suo nome al soffitto della mia camera buia non so quante volte. Ludovica. Tenevo gli occhi aperti, e la desideravo; li chiudevo, e la vedevo. Che botta, porca troia. Non avevo più provato una cosa simile da quando Vera se n’era andata.

Era stato tutto così immediato e inatteso, che ora la botta mi aveva steso. Ero al tappeto. Con un arbitro che mi guardava dall’alto urlandomi un conteggio che era il nome di lei. Lu–, e provavo a rialzarmi; do–, e tornavo a ruzzolare senza dignità; vi–, e provavo a tirarmi su afferrando le corde; ca!, e mi arrendevo miseramente, schiena atterra.

Ho visto arrivare l’alba centimetro dopo centimetro lungo i muri della camera. Mi sono trascinato in cucina appena gli uccelli, là fuori, hanno iniziato il loro solito casino mattutino. Sigaretta, doccia, smartphone. Tre chiamate appena perse dal mio cliente, il paparino preoccupato. Che rompicoglioni, porca di quella troia. L’ho richiamato subito, e subito ha risposto.

«Ho avuto una grande idea», mi ha detto. Grande. «Sarebbe libero, diciamo… da domani e per una settimana?»

Non faccio in tempo a rispondere.

«Bene, perché si dà il caso che io sia il rappresentante dei genitori nella scuola di mio figlio, e là sono in cerca di un’attività formativa per i crediti extra dei ragazzi dell’ultimo triennio. Io potrei suggerirla come docente di un corso… ma che ne so… sulla sicurezza urbana. Così potrebbe controllare il ragazzo anche a scuola. Le pagherò il doppio della tariffa. Tutto, pur di capire cosa sta accadendo a mio figlio.»
«Io non credo di avere la pazienza per inse…»
«Senta, deve darmi una risposta al più presto. Il corso dovrebbe iniziare domani.»
«Sto provando a dirle che io…»
«Bene, bene, bene. Sono felice che abbia accettato. Domani pomeriggio, alle sedici. Il liceo è poco distante dallo stadio, non può sbagliare.»

E ha riattaccato, maledizione. Ho guardato fuori dalla finestra. Il carosello quotidiano, giù in strada, era appena cominciato. E lei cosa stava facendo? Dov’era? Impazziva come impazzivo io? Ludovica. L’avevo vista. Era quello il problema. Perché da una come lei ti salvi solo se non la vedi.

Leggi anche:
Prima parte di Ludovica
Seconda parte di Ludovica

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