Lucidamente si mostra. “Sangue Nero” di Albino Console
Recensione di Martino Ciano
Quelle che Albino Console propone con questa raccolta sono poesie che hanno il sapore dell’attimo rubato al cielo dell’illusione. Sono parole lanciate nella mischia dalla lucidità, perché vi è un dolore che va espresso in maniera istantanea, come se dopo non ci fosse nulla, come se tutto fosse già definito.
Proprio in questa presa di coscienza, di necessità di chiarire il proprio vissuto, che l’esperienza individuale si fa collettiva. Cambia la posizione degli addendi, ma non il risultato. C’è un desiderare che è volontà di vita, che si attesta con maggior forza proprio nel momento in cui combatte contro la morte. Se venisse meno la lotta tra gli opposti, verrebbe meno ogni denominazione. Come può esistere il dolore senza gioia? Come può esserci correzione senza errore?
Questi di Console sono versi di rabbia e di consapevolezza. Fugaci escono, eternamente si imprimono e si impongono davanti al lettore che è sempre chiamato a una scelta: tacere o commentare; restare indifferente o riconoscersi in questi frammenti.
Tutto ciò che viene detto con impeto travolge. Ma poniamoci una domanda: anche se riusciamo a ripararci da un temporale, possiamo ritenerci salvi?
“Sangue nero” è di tutti; è la sostanza dell’impotenza che la rabbia addolcisce, fin quando non fermenta in accettazione. Ma accettare non è un atto passivo, ma forza creativa che fortifica lo spirito. È all’individuo che spettano la “semina” e il “raccolto” dei frutti preziosi che cresceranno dagli oscuri simboli generati dalla sofferenza. Non esistono uomini che soffrono più degli altri, ma solo persone che sanno leggere e tradurre di più o di meno il proprio dolore.
È un compito arduo che segna una differenza sostanziale tra chi fa delle parole pietre e chi le lascia al vento.