Localismi e mondialismi. Il politichese nell’era del nulla

Articolo di Martino Ciano
Ricordo il tramonto delle sezioni dei partiti, quando la politica era studio e bisognava sporcarsi anche nei bar di paese per cogliere gli umori della gente. Poi, tutto è diventato semplice, tutto è diventato improvvisazione, tutto è diventato social.
Sono sorti capi-popolo, figli della non conoscenza, del mito del think positive, degli inglesismi e della democrazia-fai-da-te. Alcuni di questi sono stati foraggiati nei loro atteggiamenti da ex padroncini di paese, quelli secondo cui lo status quo di una comunità si manteneva con i buoni rapporti tra “il sindaco, il prete e il farmacista”. L’hanno chiamata emancipazione politica, ma dietro si nascondeva solo il male dei mali: guidare il gioco da dietro le quinte. Comodo avere dei burattini in consiglio comunale, meglio ancora degli alzatori di mano, magari giovani, freschi di laurea, ma sempre incapaci di approfondire. Ed è forse proprio questo il dramma di certi dottori: chiudere i libri dopo la laurea. Un male peggiore dell’analfabetismo.
Il risultato? Una politica senza spunti, senza idee, improvvisata, incapace di dialogare con il popolo se non attraverso il social network. E così li abbiamo visti spuntare come funghi i nuovi capetti, felici di avere al proprio fianco analfabeti funzionali, personaggi che vorrebbero governare una comunità come se si gestisse l’orto di casa. Ed eccoli, loro, i capoccioni della defunta Prima Repubblica, ormai alle prese con gli acciacchi dell’età. Se la ridono con immortale solennità. Proprio loro non ammettono che lo sfacelo è merito del loro egocentrismo e della loro incapacità di educare i propri Delfini all’arte della politica. Al massimo hanno saputo insegnar loro un po’ di retorica e di demagogia.
E questi ex Delfini, oggi capetti avanguardisti con aspirazioni da Statisti, sono fugaci davanti alla velocità del tempo, sono in ritardo su ogni argomento. Da dove partire quindi? Dalla lentezza e dallo studio, il ritmo del Mondo, per quanto veloce, può essere dominato solo attraverso la Lungimiranza. Ma il Lungimirante non è colui che Decide, ma colui che Sa Decidere. Egli è quindi legato al Sapere, che richiede tempo, dedizione, umiltà.
Discorso contraddittorio? No, se si conoscesse la differenza tra dire e fare, tra promettere e mantenere.
E dov’è il popolo, quello che dovrebbe controllare e collaborare? Può un popolo aver paura di schierarsi, di compromettersi o peggio ancora di dimostrarsi come parte collusa? No, una democrazia matura vorrebbe altro. Le derive qualunquiste sono sinonimo di questo clima, di questi parametri ormai accettati e omologati. Il popolo colluso e indifferente, incapace di ribellarsi al momento opportuno, che si trincera dietro un silenzio democratico che ha venature dittatoriali. Ecco cosa rimane. E purtroppo, del domani non v’è certezza.

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