Lo sviluppo tecnologico ci vuole bene… forse anche morti

Lo sviluppo tecnologico ci vuole bene… forse anche morti

Articolo e foto di Martino Ciano

Bisogna morire per qualcosa di tecnologicamente avanzato, questa sembra essere l’ultima frontiera. Anche se la ricerca e il progresso seminano dubbi, su un concetto possiamo essere tutti d’accordo: nessuno si azzardi a fermare il progresso; costi quel che costi, bisogna andare avanti!

“Sembra quasi che lo sviluppo tecnologico venga prima della salute; di fronte a questo inarrestabile processo le legittime preoccupazioni dei cittadini diventano capricci. Triste ma vero”.

L’ho scritto in un articolo in cui ho trattato la vicenda dell’installazione di una antenna 5g, a Scalea, a ridosso delle abitazioni di via Fiume Lao. Questo messaggio ha fatto da cornice al consiglio comunale tenutosi giovedì 21 settembre 2023.

Una stazione radio posta in cima a un palo di 24 metri, per il 4g, che diventerà di 28 metri quando sarà aggiunto anche il 5g. Questo palo dista a meno di due metri da una abitazione. In quel quartiere vive anche una ragazza che ha impiantato sottopelle un defibrillatore che entra in funzione in caso di arresto cardiaco. Lì risiedono persone con altre patologie. Non sarebbe stato più opportuno portare quell’antenna lontano dal centro abitato?

Nessuno vuole quell’impianto, ma sembra che le istituzioni abbiano le mani legate. Il 5g è necessità; lo dicono svariati interessi economici, metafisici, consumistici, sociali, e chi più ne ha più ne metta. Le battaglie legali sono iniziate, ma già in molti dicono che serviranno a poco. Ormai è andata.

Appare chiara una cosa: la tecnologia è superiore a tutto, persino alla salute. Che muoia qualcuno, a patto che sia così, perché ancora non è possibile dire con certezza se il 5g faccia bene o male, l’importante è che si garantisca la felicità di molti. Insomma, un sacrificio bisogna pur farlo e un tributo di ansia e di angoscia va donato a cuor leggero.

Prometeo non lo possiamo più incatenare. Ma come detto, non sanno ancora con certezza se questo 5g ci cuocerà a puntino senza che ce ne accorgeremo oppure contribuirà a ringiovanirci la pelle. Non sanno neanche se attraverso lui ci laveranno il cervello piuttosto che teletrasportarci nel metaverso, in cui potremo farci una nuova vita indossando i panni del nostro avatar-figo.

C’è una letteratura interessante su questi aggeggi che si ergono come totem nel mezzo degli spazi urbani, tra case, alberi e colline. Poi veniamo noi esseri umani, cavie inconsapevoli per un esperimento, magari transumanista, post-cosmista o semplicemente economico-finanziario. Ho letto cose contrastanti e fantasiose sull’argomento, mi sono anche fatto quattro risate per alcune teorie, ma ormai tutto è possibile, ogni argomento è uno spettacolare massacro dell’intelligenza umana. Il pensiero debole, in questo caso Vattimo c’entra poco, non permette di condannare le opinioni, ma solo di condannarci inconsapevolmente.

C’è però un’altra cosa che mi è apparsa chiara durante il consiglio comunale di Scalea: quanto è piccola e insignificante la vita di ognuno di noi davanti alla prevaricazione della tecnologia. Questa forza totalizzante che ci ha invaso testa e cuore, ora ci chiede il corpo, le idee, la libertà, la tranquillità, il diritto. E non bisogna essere scienziati per affermare questo, perché “ancora non sappiamo con certezza cosa sia e quali effetti avrà il 5g, come sappiamo poco di tante cose che ci aiutano a vivere meglio“, ma una verità è già davanti agli occhi di tutti: questa novità mette angoscia.

Bisogna sacrificarsi? Non ce l’hanno chiesto, ma ce l’hanno imposto. Non dobbiamo avere dubbi di fronte a una stazione radio. È la stessa cosa che chiese Cristo: “io sono la via, la verità e la vita”. Per giunta, a differenza di Gesù, un’antenna si vede e si tocca, quindi impossibile non credere nella sua esistenza. E allora, beata la tecnologia che ci ha liberati dal complesso di San Tommaso.

Ma il discorso è un altro. Non è questione di conoscenza o di ignoranza, di scienza o non scienza, ma di assoluto silenzio davanti alle preoccupazioni di un popolo che non si sente al sicuro e non si fida più delle istituzioni. La stessa cosa sta avvenendo a Tortora, sempre nel cosentino, con l’impianto di trattamento rifiuti pericolosi e non di San Sago. Nessuno lo vuole, ma si sta cercando in ogni modo di aprirlo.

E allora le domande sorgono spontanee: quanto vale la voce dei cittadini? Cosa è davvero importante? Un popolo ha diritto a manifestare il proprio dissenso e a sentirsi ascoltato? Se teme per la propria salute, i suoi sono solo capricci?

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