Non avrai altro libro all’infuori di quello che ti ordino io…

Non avrai altro libro all’infuori di quello che ti ordino io…

Racconto e foto di Martino Ciano

È andata così. Un giorno, un tizio, vagando per le strade della Capitale, viene colto dalla voglia di acquistare un libro di una casa editrice di piccole dimensioni, ma comunque affiliata al maggiore distributore nazionale. Entra nel punto vendita di un marchio importante, considerato del circuito delle major, convinto che qui sia più semplice che dalle altre parti ordinare il titolo in questione.

Si tratta di un romanzo già in circolazione, letto e recensito, che si può comprare on-line e in altre librerie, eppure il commesso di una delle grandi catene delle major, mentre rovista qualcosa tra tazzine e piattini, esposti in primo piano più dei libri, dice: “mi dispiace, il romanzo non esiste”. Allora, il tizio, che un po’ se ne intende e conosce pure certe leggende sulla “concorrenza sleale sotterranea”, applicata in alcuni punti vendita delle major, ribatte che è impossibile, perché un amico gli ha inviato uno screenshot del portale di una libreria di un altro marchio che, pochi istanti prima, aveva ordinato senza problemi lo stesso titolo.

Ma il commesso insiste, cambiando la ragione che impedisce l’ordinazione dell’opera. Infatti, da “inesistente”, il romanzo è passato nella categoria “non disponibile”. Ma siccome il tizio-acquirente è uno fissato con certe cose greche, in voga anche nella fisica moderna, sa bene che “nulla si crea dal nulla e, allo stesso modo, nulla torna al nulla”. Allora, tizio diventa ancora più chiaro: “voglio proprio questo libro con questo titolo, me lo ordina?”. A quel punto, il dipendente ha una sorta di sbiancamento facciale. Ha capito che si trova davanti a un tipo che conosce le regole del gioco, anche alcuni trucchetti persuasivi.

Vedendosi con le spalle al muro, il ragazzo in divisa dice: “se vuole abbiamo altri titoli dello stesso genere che le potrebbero interessare”. Guarda caso sono romanzi pubblicati dalla casa editrice proprietaria anche della catena di librerie in cui sta avvenendo il fatto. Loro sono autarchici, ma al tizio-acquirente frega poco dell’autarchia e si incazza davvero, anche perché a lui le manfrine non piacciono, anzi si meraviglia ancora di più, perché certe cose sono da pescecani.

“Insomma, questo libro c’è o devo andarlo a comprare altrove?”. Il commesso alla fine procede con l’ordine, ma sottolinea: “vediamo che succede”. Il tizio-acquirente se ne va felice con la ricevuta di “avvenuta prenotazione” tra le mani. Quasi gli sembra di aver vinto la battaglia delle Termopili. Dopo quattro giorni va addirittura a ritirare il libro, ma c’è un’altra commessa. Lei sembra più gentile, meno robotizzata del ragazzo incontrato la prima volta. Allora, lui le racconta tutto per filo e per segno.

Quella ascolta, forse, perché a un certo punto si guarda intorno e quando torna con lo sguardo sul tizio-acquirente ha un sorrisetto che oscilla tra ingenuità e malizia. Alla fine, quella risponde, che forse ci sarà stato un disguido, ma che è “tutto bene ciò che finisce bene”. Lui invece insiste: “Guardi che certi episodi sono stati segnalati anche da altri, addirittura da degli editori”.

Quella ripete che è “tutto bene ciò che finisce bene”. Il tizio-acquirente capisce che c’è poco da fare e se ne va mormorando: “a me sembra un’ingiustizia”. Lo dice proprio con aria sommessa, come quel pulcino nero di nome Calimero che da bambino gli piaceva tanto. Ed è in quel preciso istante che, uscendo dalla porta della grande catena libraria, lui si accorge che, in bella vista, nella maestosa vetrina, prima ancora della copertina del mastodontico classico ottocentesco “Guerra e Pace”, c’è una bella tazza con sopra Calimero e Priscilla che si tengono per mano. Accade quindi, che il tizio-acquirente, per la seconda volta in meno di venti minuti, rientra e compra un’altra cosa.

La commessa gliela impacchetta con soddisfazione, come se avesse compiuto una missione in favore della grande catena per cui lavora, mentalmente genuflessa davanti alla “potenza del capitalismo culturale”.

Intanto, viva i punti vendita, anche quelli delle major, e le librerie indipendenti che premiano sempre il pluralismo, gestite da librai e commessi che sono consapevoli del fatto che, il loro, non è solo un lavoro, ma una missione.

Post correlati