Affidando ad un gioco la gioia e il dolore. “I lampi tranquilli della mente” di Pier Luigi Lusi

Affidando ad un gioco la gioia e il dolore. “I lampi tranquilli della mente” di Pier Luigi Lusi

Recensione di Maurizio Carvigno. In copertina “Pier Luigi Lusi” in uno scatto di Cirone Musi

Il dipinto “Morte e vita” di Gustav Klimt, esposto in un museo di Zurigo nell’ambito di una retrospettiva dedicata a uno dei protagonisti assoluti della Secessione viennese, è la freccia che il paffuto e irriverente Eros scocca dal suo infallibile arco, trapassando il cuore di due visitatori, prima due perfetti conosciuti, poi, avvinti dal desiderio intimo di conoscersi.

Lui è Marcel, neuropsicologo con un’incipiente forma di depressione seguita a un’immane tragedia e che da anni studia “le immagini asignificative” cioè quelle immagini «che saltano su senza che ci sia una qualsiasi associazione» dei lampi di percezione che attraversano «la mente, così, d’improvviso, ma senza grossa eccitazione.»

Lei, invece, è Anna, violoncellista di professione, amante della meditazione, donna dal fascino magnetico che si promana anche attraverso la fresca fragranza di un profumo irresistibile e che, davanti a un caffè, trasforma le algide “immagini asignificative” di Marcel, nei più idilliaci lampi tranquilli della mente, una veste decisamente più poetica, più umanamente comprensibile.

Questo è l’incipit di I lampi tranquilli della mente, il bel romanzo di Pier Luigi Luisi, chimico di professione, per anni docente di Biochimica a Roma Tre, ricercatore affermato ma soprattutto scrittore poliedrico, capace di spaziare dalla saggistica alla narrativa, come in questo apprezzabilissimo caso.

I lampi tranquilli della mente è tante storie allo stesso tempo. Quella di Marcel, di Anna, ovviamente, ma anche quella di diversi, altri personaggi, di cui facciamo la conoscenza nel corso dei dodici capitoli di cui si compone il romanzo rieditato da FuoriStampa che da anni si impegna a ridare una nuova vita a libri obliati.

Da Thomas, un “cliente” di Marcel con la passione innata per la menzogna che costruisce abilmente, infarcendola di particolari ogni volta sempre più inverosimili ma magneticamente affascianti, a “Il Vecchio”, uno degli insegnanti di Marcel all’Istituto Carl Gustav Jung di Zurigo, in passato una vera celebrità della psicologia analitica e ora un borbottante ascoltatore di rapide parole; passando poi per Jonathan, il figlio di Marcel, sparito nel nulla dopo un umiliante schiaffo o per la fascinosa e indecifrabile Maria Dolores, messicana di Acapulco, una donna vestita di intrigante mistero.

A fare da sfondo a questi e altri personaggi, ognuno con la propria storia, sporte più o meno pesanti da tenere a fatica sulle spalle incurvate dalla vita, ci sono loro, i lampi tranquilli della mente, quelle immagini asignificative, a cui Marcel dedica buona parte della sua attività professionale per scovare il motivo recondito del loro insorgere, pensieri e immagini che ognuno di noi quotidianamente ospita nella nostra testa affollata e che la nostra mente, mai davvero doma, «fabbrica così come il cielo fabbrica nuvole e nuvolette.»

Leggendo I lampi tranquilli della mente ho avuto la netta e reiterata sensazione di stendermi sul lettino dello psicanalista, permettendo a loro, ai miei lampi della mente, di fruire indisturbati, volute leggere di fumo che lievi si librano nel cielo, disegnando linee infinite, intrecci imprevedibili. Un romanzo in cui razionalità e istinto, mente e cuore, provano a incontrarsi e dopo una prima, inevitabile morfologica indifferenza, tentano di comprendersi, aprendo le loro rispettive porte, al pari di due cani che sulle prima si ringhiano a vicenda e poi, dopo essersi annusati, scodinzolano finalmente all’unisono.

Ma I lampi tranquilli della mente è anche un romanzo sull’eterno dilemma tra presente e passato, tra il vivere e il sognare, tra il rincorrere i desideri più ancestrali o provare a rendere piacevole la propria reale, quotidiana esistenza.

Luisi da chimico qual è inserisce nella provetta elementi vari lasciando, però, al caso, la responsabilità di amalgamarli, con il rischio, neppure tanto impossibile, di una imprevista e distruttiva reazione. I lampi tranquilli della mente è uno di quei libri in cui il lettore inevitabilmente trova nel corso della lettura che teatralmente si anima di protagonisti, il suo personaggio ideale, quello a cui legare un sottile filo di speranza.

Perché nel romanzo di Luisi, man mano che la trama, inizialmente semplice, narrativamente si complica, i nostri alter ego prima o poi salgono sul palcoscenico, mostrando i loro umani limiti, le loro fragili certezze, i loro sussurrati desideri, come quello adolescenziale del cinquantenne Marcel che ha il profilo esotico del Messico e la dimensione di un viaggio che è metafora di un amore mai totalmente vissuto e che, in quanto tale, ascende al mito, divenendo, semplicemente, indimenticabile.

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