La vittoria degli insipienti

La vittoria degli insipienti

Articolo di Martino Ciano

Tutti insipienti al cospetto della vita, ché essa si impara solo con la dura esperienza. Soggetti dominanti e oggetti creati su misura dalle nostre aspettative riempiono lo spazio che attraversiamo, trovando collocazioni anomale, forvianti, eppure giuste solo per ciascuno di noi. Sette miliardi di terrestri, sette miliardi di punti di vista diversi; questa l’unica certezza, ché non c’è individuo che abbia la stessa percezione di un fenomeno. Caos o gaia bellezza dell’esistenza? Questo è terreno fertile per coloro che attendono lo scontro finale tra ottimisti e pessimisti. Senso o non senso? Meglio sospendere ogni giudizio per non morire di ansia da prestazione, quindi ritiriamoci mestamente dalla folla di individui che ha sempre una risposta.

Il pensiero debole affascina, ché verità ipotetiche quotidiane si dilatano tra le contraddizioni, passando dalla negazione alla dogmatizzazione. Se ne infischiano le genti dei caratteri mobili del post-modernismo, dei simboli intorno ai quali si creano concetti, istituzioni, strutture, impalcature, guai sociali e negligenze di genere; questi individui che senza titoli, senza chiarezza di idee, senza luminosità di sguardo, privi di ordine mentale provano a interloquire con coloro che ignorano volontariamente, sono i generatori degli animi insipienti.

Il Big Data è tra noi con i suoi concetti e le sue nozioni. Egli ci riempie di informazioni, di cultura, di spocchiose verità. Attraverso Platone, Socrate affermò di essere consapevole di non sapere, ché tutt’al più noi ci accorgiamo dei fenomeni che percepiamo, mentre non è cosa nostra comprendere il perché in sé di ciò che ci circonda. Perché così e non in altro modo? Se ci poniamo questa domanda siamo appena entrati nella stanza dell’assurdo; se proviamo a dare una risposta, allora abbiamo iniziato a percorre la strada della follia.

Nella sua Storia dell’eternità Borges esordisce dicendo che non si può parlare di eternità se non si mette in rilievo la questione del tempo. I Greci furono i primi a intuire questo aspetto. Quindi il tempo, unità di misura di un periodo, rappresenta un limite, ma anche un’opportunità attraverso cui guardare all’Assoluto. La stessa cosa la potremmo dire in relazione allo spazio, alle parole e ai numeri, in quanto per ognuno di  questi essenti esiste un’eternità, un infinito. Pertanto, così come le parole determinano un concetto, indicando una cosa o un concetto, così l’indicibile è sempre presente. Non è un caso che proprio Wittgenstein affermi che delle parole si può dire ma non dirne, in quanto esse evocano solo una parte del tutto che vogliono comunicare. Detto in soldoni, esse mettono ordine nel caos in cui tutto è disponibile, rendendo l’uomo un goffo manipolatore, un comunicatore di mezze cose.

Ed anche i numeri seguono questo ragionamento, in quanto tra zero e uno sembra breve il passo, ma nel mezzo sta l’infinito tra infinite cifre. Si arrendano anche gli amanti dell’eterno ritorno o della ciclicità dei tempi, perché dovranno fare i conti con le teorie di Cantor; infatti, tra infinite combinazioni è difficile pensare che qualcosa si ripeta. Come disse Cioran, basta guardare alla Storia che inghiotte gesta, idee, scoperte, intuizioni ed esempi. Nulla torna allo stesso modo, tutto è una manifestazione passeggera. La gloria di ogni individuo è passeggera; i più fortunati tra loro diventano simboli che pian piano perdono i loro significati originari, per essere manipolati a piacimento, in base alle esigenze del tempo. L’esempio lampante è Gesù Cristo, merce di scambio per ogni secolo.

Ed ecco infine l’uomo che si manifesta nella sua forma carnale. Egli ha un nome, un peso e un’altezza, ma nulla sa dire di sé con precisione. Egli non sa da dove proviene e quale sia la sua destinazione, prova a dirigersi nel caos sfruttando il potere della ragione attraverso cui progredisce e si inibisce, si costruisce e si distrugge. Si pone domande e si dà risposte, ma sempre approda all’insoddisfazione e si crogiola nella beata ignoranza, magari schiacciando un pisolino dopo aver mangiato bene.

Dormienti e sapienti, c’è un libro mortifero che riposa come un errore madornale nel grande libro della vita e della speranza: il Qoelet, dopo il quale tutti gli altri scritti nei millenni impallidiscono.

 

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