La tragica immortalità: un pensiero positivo

La tragica immortalità: un pensiero positivo

Articolo di Martino Ciano – già pubblicato su Zona di Disagio. In copertina “La morte di Socrate” di Jacques-Louis David

Così si manifesta l’intuizione, allucinazione che ci rende per un attimo folli; momento in cui l’anima mostra agli occhi la materia invisibile che se ne sta nascosta nel cosmo, o che ricorda alla mente un concetto appreso prima ancora che nascessimo.

Intuizione, madre di ogni catastrofe metafisica; lucido ragionamento non accettato dalla fisicità. Lei, ci spaventa, ci rende profeti, o poeti, o scrittori, o artisti. Ed esultanti esclamiamo: Noi sappiamo, perché semplicemente esistiamo!

Abbiamo in noi una conoscenza innata, appresa in luoghi lontani, prima ancora di mettere i piedi sulla terra, prima che la carne ci relegasse a passioni imperfette. Lo ripeté Socrate ai suoi allievi nelle sue ultime ore di vita; lo scrisse Platone, nel suo Fedone. La prova è data dalle reminiscenze che ci tornano in mente come lampi che illuminano il buio. Ecco l’impeto dell’intuizione, quel dialogo che l’anima riesce a pronunciare liberamente, quando per un attimo zittisce quei sensi che ci rendono carne sensibile in un mondo materialmente limitato.

Cos’è quindi la morte, se non liberazione da una gabbia che ci separa da quel sapere supremo, cui la filosofia e le arti aspirano? Solo per questo motivo non bisognerebbe averne paura.

Sacrificate allora un gallo ad Asclepio, dio della salute riacquistata.

Pertanto, tutto è mescolanza di elementi e ogni cosa è frutto di una rigenerazione che avviene nei laboratori del caos primordiale; ciò che abita sulla terra vive e muore per poi separarsi e unirsi ad altro.

Inspiegabile immortalità, in cui io e non io, oggetto e soggetto si agitano.

Forse, questa è un’esposizione imperfetta, velata dalle titubanze, perché dire tali cose fa sembrare sciocchi e frustrati. In quest’epoca, nella quale ci si affida solo ai cinque sensi, ragionare per intuizioni è roba da santoni. Ma qui, non invochiamo né spiriti né demoni, tutt’al più vorremmo discutere faccia a faccia con il nostro daimon, solo per capire se ci siamo smarriti durante il viaggio. Di tutte queste cose invisibili eppur visibili sono piene la letteratura, la poesia, la filosofia, l’arte e la musica.

Più umanità, meno macchine.

Più Hölderlin, Empedocle, Socrate, Platone, Hillman e altri mille… affinché si vada sempre alla ricerca della sapienza velata, intuitiva, che guida l’anima fanciulla e immortale. Potrebbe sembrare un augurio, invece, è solo un’intuizione che mi ha rapito un po’ più del solito.

Post correlati

2 Commenti

I commenti sono chiusi.