La tentazione di esistere contro i cretini del dogma

La tentazione di esistere contro i cretini del dogma

Recensione di Nicola Vacca

Nel 2019 a Adelphi ripubblica in edizione economica quello che Cioran definiva il suo libro più serio, La tentazione di esistere

In effetti, La tentazione di esistere  è uno dei libri fondamentali per entrare nel cuore intimo della scrittura di Cioran  che già dalle prime pagine, nell’intento di distruggersi,  invita i lettori a pensare contro se  stessi, anche se il nulla ci dice che non c’è nessuna via d’uscita per colui che oltrepassa il tempo.

Pensare contro se stessi e scrivere contro, non ci sono altre armi per combattere le convinzioni pericolose dei cretini del dogma.

Ecco che nasce La tentazione di esistere, l’unico libro autenticamente filosofico di Cioran, un atto d’accusa contro tutti coloro che si fanno forti di verità incompatibili con la loro natura e allo stesso tempo un invito a cercare la liberazione dentro noi stessi, coltivando tra paradosso e contraddizione l’arte dello scetticismo.

Cioran demolisce gli idoli, perché la loro distruzione porta con sé quella dei pregiudizi e con il suo pensiero carico di scetticismo e dubbio si avventura nella tentazione di esistere con la lucidità del chiaroveggente che può contare sulle sue perplessità, che interroga le coscienze.

La tentazione di esistere per Emil Cioran è una lezione di perplessità, un modo per tenere sempre aperto il processo della conoscenza minacciato quotidianamente dalla ottusità cieca dei cretini del dogma.

«Secondo ogni evidenza un credente si identifica, fino a un certo punto, con ciò in cui crede; non è rilevante in lui lo scarto tra lucidità, da una parte, e le azioni e i pensieri, dall’altra. Questo scarto si amplia e dismisura nel falso credente, in colui che ostenta delle convinzioni senza aderirvi».

Cioran si scaglia contro il propagarsi della menzogna contro coloro che fanno sfoggio della loro pretesa salvezza. LI smaschera e li fa scendere dal piedistallo.

Emil Cioran ancora oggi è una scoperta che resta da scoprire. La sua scrittura e il suo pensiero offrono nuovi scenari e prospettive inedite ancora da leggere.

Davanti al suo bisogno di solitudine, che lo scrittore rivendica e difende in ogni scritto e anche nella sua esistenza, assume un ruolo centrale il suo rapporto conflittuale e dialettico con il tema del nulla.

Il 29 novembre del 1965 Cioran scrive nei Quaderni: «Non voglio più vedere nessuno, tanto mi vergogno di me. Non so davvero più a chi rivolgere il mio disprezzo, mi sento più basso di quelli che nemmeno esistono ai miei occhi».

In questo pensiero folgorante e spiazzante egli formula la dichiarazione estrema del suo bisogno di solitudine.

Una solitudine che si nutre di accessi vertiginosi e di disperazione in cui il nulla appare ai suoi occhi come un orrore da affrontare a viso aperto.

Cioran si appella a una disperazione più grande. Proprio quando nella sua solitudine nessuna consolazione ragionevole è efficace, diventa vitale, e quindi necessario, aggrapparsi a una vertigine per essere in grado di affrontare il culmine di una disperazione che inghiotte tutto.

Così, di pensiero in pensiero, di frammento in frammento, Emil coltiva il nulla come una forma di salvezza in cui l’arte sublime della negazione diventa il paradosso con cui spiegare il suo attaccamento disincantato alla vita, o meglio alla sua tentazione di esistere.

Ed è proprio La tentazione di esistere, il libro in cui Cioran lucido più che mai fa veramente i conti con la solitudine del suo nulla.

«Noi non abbiamo più un passato, o meglio non c’è  più niente del passato che sia nostro; niente più paese d’elezione, salvezza ingannatrice, rifugio nel tempo trascorso. Le nostre prospettive? Impossibile intravederle: siamo dei barbari senza avvenire».

Pensando e scrivendo contro se stesso, sedotto da quegli ingegni che si sono distrutti per aver voluto dare un senso alla loro vita, Cioran si rivela un maestro raffinato della negazione. Lucidamente immerso nel suo stato perenne di disperazione, coltivata in solitudine, egli supera con il fascino della vertigine il nulla e ne rifiuta le sue conseguenze nichiliste.

Per Cioran negare è il modo migliore per emancipare lo spirito. Ma deve essere una negazione feconda; e per essere tale dobbiamo fare di tutto per conquistarla e farci imprigionare dalla sua seduzione.

La negazione è l’humus per cui vale la pena tentare di esistere. Quando Cioran alla fine de La tentazione di esistere invita coraggiosamente a imparare a pensare contro i nostri dubbi, contro le nostre ubbie onniscienti, dichiara apertamente guerra al nichilismo e al nulla.

Una provocazione fertile degna del suo migliore pensiero lucido che demolisce la conoscenza e ne scopre i lati estremi e rivoltosi, sempre necessari all’urgenza e alla necessità del tempo che va quindi pugnalato nei suoi conformismi più pericolosi.

Cioran va oltre il nichilismo, anche perché scrive solo di ciò che prova; ma quando non prova nulla non scrive. «Il Nulla era senz’altro più confortevole. Com’è difficile dissolversi nell’Essere!» con queste parole si chiude La tentazione di esistere.

Nella sua malinconia, e nel bisogno quotidiano della solitudine, la tentazione di esistere sporca i pensieri con il nulla.

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