La ribellione è ricerca

La ribellione è ricerca

Articolo e foto di Martino Ciano

Avremmo bisogno della leggerezza degli uccelli: spiccano il volo e fanno il nido dove possono. Lo diciamo spesso, ma non sappiamo da dove iniziare; ci proviamo ogni giorno, ma forse ci crediamo poco. Quando davanti alla morte quotidiana raccontata dai telegiornali ci soffermiamo a riflettere sulla banalità del male, creando mostri che all’apparenza non ci appartengono, ma che abbiamo allevato involontariamente, ci agitiamo e cambiamo canale perché il discorso non ci conviene.

Non vogliamo responsabilità; siamo al massimo disposti a sentirci la ramanzina dei soliti noti, degli psicologi, dei criminologi, dei portatori di sapienza, ma di una emancipazione collettiva non ne sentiamo la necessità. Che sia una coltellata al petto o una cicca di sigaretta buttata per strada, non riusciamo a sopportare l’idea che dietro entrambi i gesti ci sia un delirio di onnipotenza.

E cos’è questo delirio se non il segno di un disgraziato senso di incomprensione che avvertiamo verso l’ordine precostituito; una continua ribellione nei confronti delle regole che abbiamo solo il dovere di rispettare, senza fiatare? Dopotutto, odiamo questa fede cieca che ci viene insegnata, impartita, deliberata sotto gli occhi e infusa nel cervello. La verità è che si provano a dominare gli istinti, ma si fallisce e tutto si riversa in altro.

Quanti moralisti sono immorali; quante persone coraggiose sono vigliacche davanti ai fatti. Va bene tutto, fin quando l’opportunità si trasforma in necessità e si agisce nell’unico modo in cui si può agire, ossia con gusto prevaricatore, imponendo la propria volontà.

Credo nell’educazione che mira a far comprendere, che garantisce un processo di interiorizzazione non della norma, ma del senso del giusto e della comune appartenenza alla vita. Odio le regole che non sanno avvicinare, ma che scavano un solco tra “giusto” e “sbagliato”; sono queste delle norme utili solo per una certa epoca e lasciate lì, aperte a confronti di comodo con i “cambi dei tempi”.

L’attacco al relativismo culturale ha generato conservatori che disprezzano ogni disquisizione sulla vita e sulla morte. Non mi fido della “fede”, ma dei dubbi, perché ogni strumento umano è il malcelato tentativo di porre un ordine nel mezzo del caos; di qui la limitatezza di ogni visione, di ogni progetto, di ogni certezza. Eppure, oggi e così in futuro, qualcuno accenderà un televisore, accederà al web, andrà alla ricerca di un “senso” e di “significati” che qualcuno ha costruito per lui.

Sarà felice, persino della sua infelicità.

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