1899. La realtà è nella nostra mente

Articolo di Letizia Falzone

La mente è più estesa del cielo – perché – mettili fianco a fianco – l’una conterrà l’altro – e Te, anche. La mente è più profonda del mare – perché – tienili azzurro contro azzurro – l’una assorbirà l’altro – come una spugna un secchio assorbe.

Con questi versi molto profondi di Emily Dickinson, si apre 1899, enigmatica serie tv Netflix ideata da Baran bo Odar e Jantje Friese.

Tutto inizia col personaggio di Maura Franklin che, dopo un incubo inquietante nel quale viene rinchiusa in un manicomio, si risveglia sulla Kerberos, una nave diretta a New York. Medico specializzato nei problemi della mente umana, Maura ha ricevuto una lettera dal fratello scomparso quattro mesi prima su un altro transatlantico della stessa compagnia, la Prometheus: nella lettera l’uomo le diceva di non fidarsi di nessuno. Inizia così una rassegna dei vari passeggeri della nave, ognuno dei quali nasconde passati traumatici e segreti inconfessabili, e molti dei quali hanno ricevuto una lettera simile.

Si va dal playboy spagnolo Ángel e il suo finto fratello prete Ramiro, la geisha Ling Yi con la madre Yuk Je e la maîtresse Mrs. Wilson; la travagliata coppia francese Lucien e Clémence; la famiglia danese formata dai fratelli Tove, Krester e i loro religiosissimi genitori Iben e Anker. E ancora ci sono passeggeri solita”i come il lavoratore della fornace Olek, il clandestino Jérôme, il misterioso Daniel e soprattutto il capitano della nave Eyk che sconta un bruciante trauma famigliare. I destini di tutti questi personaggi, già in qualche modo intrecciati tra loro anche se inconsapevolmente diventeranno ancora più interconnessi quando la Kerberos riceve una richiesta d’aiuto dalla Prometheus: una volta raggiunti sul luogo, l’equipaggio scoprirà una nave fantasma, con nessuna traccia di passeggeri a bordo se non per un misterioso e inquietante bambino che porta con sé una strana piramide di grafite. Una volta riportato a bordo, sulla Kerberos inizieranno strane morti e altrettanto inspiegabili fenomeni, spingendo tutti nel caos e soprattutto a dubitare della propria sanità mentale.

La storia gioca sia sui piani temporali sia su accessi a dimensioni famigliari e al contempo inspiegabili, che ogni elemento è irrimediabilmente legato a un altro. Quello che fa tutto poi è l’atmosfera: si passa da angusti corridoi di legno illuminati da candele sfarfallanti a ponti bagnati dalla pioggia e avvolti dalla nebbia, da fornaci ricoperte di fuliggine a cabine piccolissime che nascondono passaggi segreti.

È un viaggio che scava ben oltre gli abissi dell’oceano, raggiungendo la profondità delle ombre della mente. I passeggeri della Kerberos si ritrovano infatti sempre più sospesi tra i propri sogni e i propri ricordi, varcando costantemente i labili confini della realtà, offuscati dalle ombre delle proprie paure.

Chi è il creatore di un universo distopico? Che cos’è la realtà? “L’intera realtà è tutta nella nostra mente. Non sapremo mai se gli stimoli nel cervello sono causati dalla realtà o da un suo costrutto”. Per osservare la realtà dalla giusta prospettiva è necessario cambiare punto di vista, risvegliando la coscienza dal sonno della ragione causato dalle emozioni e dalle paure.

1899 viene raccontato in maniera estremamente compassata, il ritmo lento ed estenuante amplifica di molto il senso di inquietudine, mentre la simbologia usata non fa altro che aumentare il dubbio. Lo spettatore tenta, quindi, di inserire in maniera spasmodica e nel giusto verso, le tessere di un complesso mosaico organizzato su diversi piani, non sempre logici. Gli indizi vengono distribuiti sapientemente e con il contagocce, alcuni dei quali possono risultare spiazzanti. Qualsiasi cosa crediate di aver capito della storia, vi sbagliate. Arriverà sempre qualcos’altro a scardinare tutte le certezze, a giocare con la vostra mente e a rendere tutto ciò che succede ancora più complicato di quanto già non lo sia.

L’ispirazione è il mito della caverna di Platone: noi vediamo delle ombre e crediamo che esse siano il mondo reale, ma se ci voltassimo vedremmo che c’è qualcuno a proiettarle e al di fuori della caverna ci aspetta la verità. Questa è sostanzialmente la chiave di lettura di 1899 che ci invita a “risvegliarci”, ad aprire gli occhi per non rimanere intrappolati in un mondo fittizio. Il libro di Kate Chopin, intitolato non a caso Il risveglio, è un oggetto di scena presente in diverse inquadrature.

Anche se si ha la sensazione di essere di fronte a un progetto più interessato alla manipolazione emotiva dello spettatore che alla costruzione di un reale intreccio di vite e anime, 1899 riesce nel suo intento di catturare lo spettatore, conducendolo verso un finale decisamente scioccante e lasciandolo in preda a una marea di dubbi e interrogativi che saranno affrontati in una più che probabile seconda stagione.

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