La notte più buia. Una particolare recensione al libro di Roberto Gramiccia
Recensione di Mariano Filippetta
Nella notte più buia di Roberto Gramiccia ci si finisce dentro ascoltando raccontare l’autore fino a sentirne la voce e ci si ritrova insieme a lui a spingere il fiume di ricordi che disegna percorsi continui tra arte medicina politica complicati da passioni desideri fragilità.
Roberto Gramiccia non si risparmia e compie questo lavoro di scavo che penso sia stato anche doloroso e ci restituisce episodi amici voci amori che come stelle luci fari di automobili si accendono di vita davanti a noi – E ci sono luoghi che però Roberto ci restituisce mai in una descrizione paesaggistica ma sempre nel vissuto e nei racconti dei suoi incontri e allora ecco che via Atripalda è Raffaele Torpignattara è la sezione del P.C.I la Tuscolana è Mambor il Circeo è Loredana via Eratostene sono i fasci e questo è il segno del grande interesse di Roberto per l’uomo a cui guarda da medico amico amante e di cui è interessato finanche alle sue contraddizioni ai suoi tradimenti che accoglie come indiscutibile ricchezza di vita.
Si dice che Velasquez abbia usato nei suoi lavori 27 tipi di nero credo Roberto ne abbia usati di più dalla voce di Giacinto Cerone al telefono nel cuore della notte ai baffi di Kounellis al pube di Josephine all’asfalto delle notti romane alle inchiostratura dei giornali tutti a dirci una verità fondamentale di questa vita che appunto in fondo la vita è incontrarsi e illuminare il buio.
È questa l ‘indicazione urgente necessaria di Gramiccia è il ritrovarsi nell incontro nel dialogo nello sconfinamento nel mescolarsi proprio per questo proporrei ai giovani ma anche a noi tutti di portare il libro di Roberto nella tasca come si faceva una volta con Lotta Continua per riconoscersi da subito e iniziare così un cammino.
Roberto Gramiccia ha scritto questo libro durante il lockdown io l ho letto con il Covid.
*NB: l’analisi di Mariano Filippetta, noto artista e critico romano, è una recensione scritta alla maniera di Nanni Balestrini, con un’abolizione voluta della punteggiatura.