La fine di una estate

La fine di una estate

Articolo di Martino Ciano

Poi ti addormenterai e sarà strano venire a svegliarti. Di pioggia e salsedine, di un sole acerbo e di un vento sciacallo saranno fatti i tuoi giorni, e sarà difficile venire qui per incontrarti, ché mancherà la forza per sopportare il deserto.

Passata l’estate, finita ogni aspettativa, ché tirare le somme a nessuno piace, soprattutto se è già nota la sorte di ognuno, soprattutto se l’avvenire non ha nulla da svelare. Non è misericordioso il ciclo delle stagioni, il meteo dell’anima, il canto dei gabbiani e l’urlo del mare.

Andrà come andò; ché gli anni sono maestri di vita e tormentano con i loro ricordi, anche ora come ieri, mentre la luce si abbandona al buio giorno dopo giorno un po’ di più. Non è più questo il nostro mare, non più, ché sebbene mai sia stato nostro, d’estate ci dà l’illusione di lasciarsi domare. Non è più questo un Lungomare, ma un orizzonte oltre il quale ci si disperde, ché neanche lo sguardo sopporta una spiaggia deserta, un abisso nel quale si precipita in attesa dello schianto. Lo schianto: il ritorno dell’estate.

Poi ci addormenteremo e rinascerà la voglia di lamentarci. Le conosco ormai le nostre quattro stagioni: l’inverno della sopravvivenza, la primavera della speranza, l’estate della gioia, l’autunno dei rimpianti.

Così, sereno e conciliante è questo sorriso che dalle mie labbra indirizzo a te. La brezza scuote le chiome degli alberi e non fanno paura le sue carezze, mentre violenti stridono i miei passi sulla sabbia. Ombra non distingue ombra, il cuore non inciampa in nessun dolore… È ormai sera, è finita l’estate e resterò sveglio.

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