La disoccupazione creativa è ancora viva?

La disoccupazione creativa è ancora viva?

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “La disoccupazione creativa è ancora viva?” di Animo Mare, Autoproduzioni Malanotte, 2022

Autonomia e povertà creativa. Sembrano concetti lontani, utopici, ma forse ci servono per riflettere sui diversi modi di intendere il sistema nel quale siamo immersi, nel quale anche la solidarietà e l’assistenza ai deboli appaiono burocratizzate e al servizio del potere.
Questo breve libro, una sorta di saggio in cui si incontrano anche frammenti di esperienze dell’autore, ci racconta di un altro modo di vivere la povertà. Ma vivere del giusto vuol dire essere poveri? Vivere grazie a un lavoro creativo che non sia regolato dal mercato, creare una attività che non sia svenduta alle regole del capitalismo, vuol dire sognare a occhi aperti?
Certo, discorsi del genere erano più in voga negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, durante il periodo della contestazione. Contestazione che poi si è svenduta, che ha reso tutti “professionisti delle attività umanitarie”; attività che ora sono funzionali al sistema capitalistico. E ciò ancora continua, anzi è diventata una prassi svilente. Cose del genere le ha scritte anche Toni Negri nel suo Impero, ma forse è meglio tenerlo lontano dal discorso.
La solidarietà di Stato, la beneficenza elargita dalle associazioni, il reddito di cittadinanza possono essere visti come strumenti che istituzionalizzano la povertà, che tolgono libertà d’azione all’individuo, nonché capacità creativa. Bisognerebbe partire dal prendere confidenza con l’arte dell’arrangiarsi, ma anche agire sulle cause che provocano le disuguaglianze. Bisognerebbe viaggiare, vivere per strada, reinventarsi, lavorare sulle proprie capacità senza diventare schiavi di un mercato che sottomette le potenzialità all’unico obiettivo della produzione insensata. È un discorso che ai molti suonerà “insulso”, in quanto figlio di un progetto che cozza contro la naturale propensione dell’uomo, ossia l’egoismo e l’accaparramento di una felicità che è sinonimo di vita comoda.
È difficile entrare nelle parole dell’autore, per quanto proprio lui abbia deciso di vivere facendo l’artista di strada, nonostante usi anche un tono provocatorio dichiarandosi “disoccupato creativo” che guadagna il giusto per una vita dignitosa.
La povertà come la intendiamo oggi è utile al sistema economico. È sostenuta proprio da quell’apparato di assistenzialismo, di aiuti di Stato, di derrate alimentari donate poco alla volta che lasciano tutto immutato. Il povero non è solo colui che ha bisogno, ma è anche un individuo che avverte il “dovere” di agire in una certa maniera in quanto “assistito dalla burocrazia”. Il discorso dell’autore, che usa lo pseudonimo Animo Mare, è molto chiaro. Per lui, nessuno si adopera per eliminare le cause delle disuguaglianze; esse infatti sono utili al sistema, perché senza una “povertà passiva” non ci sarebbe la sua controparte, ossia chi detiene e alimenta il potere.
Forse tra queste parole si cela davvero “l’abolizione della povertà”. Un concetto che qui viene espresso in maniera decisa e non gridata come invece avvenne il 28 settembre 2018; giorno in cui l’allora Vicepremier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, pensava di aver vinto la battaglia delle battaglie istituendo il reddito di cittadinanza.

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