Itinerario della mente verso Thomas Bernhard. Intervista all’autore di Benedicta Felice

Itinerario della mente verso Thomas Bernhard. Intervista all’autore di Benedicta Felice

Recensione e intervista di Benedicta Felice

Una firma che trasforma lo sguardo sulla realtà inducendo il lettore, con una pragmaticità disarmante, a riflettere su tutto quello che lo circonda. Il suo è un punto di vista lucido e sognante fondato sulla quotidianità, il vettore principale che guida ogni sua opera. Lo scrittore e giornalista calabrese Martino Ciano torna in libreria con il suo nuovo romanzo: “Itinerario della mente verso Thomas Bernhard”. Un dialogo mentale tra l’autore e il drammaturgo, raccontato in maniera così reale e dettagliata da non sembrare solo il frutto di un’immaginazione. “Quando scrivo mi sento felice” confessa l’autore che ci racconta la sua passione tra le pagine di questa intervista.

La passione per la scrittura la definisci più una vocazione o una missione?

“Solo una necessità, un bisogno impellente di comunicare con il mondo esterno e con me stesso. Le vocazioni e le missioni fanno parte di altre categorie, secondo me. Il mondo e l’umanità andrebbero avanti anche senza le pietre miliari della letteratura, è solo la necessità di elevazione, di rispondere a qualche timido perché che ha spinto l’umanità a codificarsi attraverso le arti. Fondamentalmente, tutto è e resta inutile. Nonostante tutto, scrivere rimane un affascinante gioco con cui lasciarsi andare; solo per questi motivi vale la pena crederci e farsi ammaliare.”

Qual è l’emozione più grande che hai provato durante la stesura del tuo ultimo lavoro?

“Quella di potersi sedere la sera, dopo il lavoro, di dimenticarsi dei problemi quotidiani e di infilare la testa tra le nuvole. È come una sorta di rilassamento che manda in estasi, durante cui si ha bisogno del silenzio e della tranquillità. Solo così si può scendere giù, in sé stessi, senza veli e senza pregiudizi. E poi cosa c’è di più bello se non dedicarsi alla creatività?”

Qual è la tua fonte di ispirazione?

“La quotidianità, la realtà dei fatti spogliata dei giudizi aprioristici, la lucidità che spesso crea quel vortice folle che ti fa vedere le cose per ciò che sono. Ci creiamo le nostre difese per sopravvivere, per stare in mezzo agli altri, per non cadere vittime dell’indifferenza, ma se osserviamo attentamente vediamo che il mondo lo costruiamo con le nostre emozioni. Il sole e la luna sono lì da sempre, se ne fregano di come li dipingiamo, se ne fregano se pensiamo che siano belli o brutti, buoni o cattivi. Ecco perché mi piace scrivere di persone che si dannano per esprimere i loro sentimenti o per rincorrere qualche successo o attestazione. Secondo me, vive bene chi comprende la vanità delle cose.”

C’è un filo conduttore che lega “Itinerario della mente” e “Oltrepassare”?

“La caducità dei personaggi che provano a ribellarsi all’indifferenza elargita da ciò che li circonda. La follia intesa come atto di rivolta, di dissenso, di resa dei conti verso un mondo che ha imposto il politicamente corretto. L’umanità è sempre la stessa; le cose si muovono sempre alla stessa maniera. Ci danniamo dietro le teorie, ma alla fine sono le piccole cose che ci rendono sereni.”

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono inseguire il sogno di diventare scrittori?

“Nessun consiglio, perché io non sono uno scrittore, ma un lettore. Prima di scrivere amo leggere; un giorno potrò smettere di scrivere, ma mai di leggere. Se poi guardiamo alla scrittura come mestiere, allora meglio abbandonare prima ancora di iniziare, visto che “con i libri si guadagna poco e devi avere dalla tua tante fortune, e anche natali buoni, che c’entrano poco con il talento”. Posso consigliare a tutti di leggere quanto più possibile, di essere anarchici nella scelta dei libri e di sperimentare. Io passo dalla letteratura, alla filosofia, alla fisica, alla sociologia, alla poesia e ai fumetti. Posso consigliare di guardare sempre agli scrittori irregolari, quelli che hanno parole vere e pensieri senza fronzoli e senza veli. Posso consigliare di non avere pregiudizi, perché l’arte si rispetta per ciò che ha da dire e, soprattutto, le vere opere d’arte sono quelle che ci costringono a ragionare. Io ringrazio sempre quegli artisti che mi hanno fatto prendere coscienza della mia cecità e della mia ignoranza.”

La recensione di Benedicta Felice

Un viaggio complicato, unico e surreale quello che Martino Ciano racconta nel suo libro “Itinerario della mente verso Thomas Bernhard”. Una decrizione accurata dei dettagli di un personaggio che diventa autore e spettatore, realizzando una sorta di personificazione con il lettore. Un connubio tra identità differenti ma unite nel loro universo interiore. Una narrazione accurata e potente dei particolari che circondano la vita del protagonista, la cui esistenza è frantumata, ridotta in brandelli da una sofferenza immane e incompresa. Il punto focale sul quale si erge tutto il romanzo è il dolore, un sentimento che pervade le ossa fino ad arrivare all’anima che si annienta di fronte a tale sensazione.

L’anima che viene inghiottita da un abisso di maltrattamenti, bugie, errori e orrori. Vicende che esistono dentro la mente del drammaturgo ma nello stesso tempo non trovano un riscontro nella vita reale. Martino descrive in maniera fluida e appassionante un dialogo tra lui e la sua fonte di ispirazione “immagino che Thomas Bernhad si sia messo in collegamento telepatico con me e stia scrivendo il suo capolavoro. Io sono la mia mente, io sono il mio corpo, io sono e giammai posso non essere”. Un’esistenza che diventa essenza e un’essenza che si trasforma e si annienta quando viene messa in contatto con la vita reale.

L’autore del libro realizza in maniera così stupefacente una sorta di immedesimazione con il pensiero di Bernhard da risultare indecifrabile e misteriosa. “Thomas Bernhard mi chiama. Devo raggiungerlo. Ecco perché continuo per questa strada che forse non è una strada umana ma divina”. Follia e originalità si mescolano e si fondono al fine di creare una lotta. Uno scontro perpetuo tra il bisogno di vivere e la necessità di aggrapparsi ad una seconda esistenza dove si potrà trovare conforto e pace. Martino Ciano fa emergere con uno stile pragmatico, incisivo e lineare, i quesiti principali che appartengono alla filosofia: perché esistiamo? Qual è il fine della nostra esistenza? Dove andremo? Risposte che l’essere umano cerca continuamente senza trovare in maniera completa. Emblematiche a riguardo, le frasi intense e significative dell’opera: “La storia trova il senso solo nell’apocalisse, nella fine, imparo ora a mie spese, che solo morendo scoprirò il senso di tutto ciò che ho compiuto. La vita ci trascina via senza mai svelarci il senso del nostro cammino.” Un senso che probabilmente si trova soltanto nella tenerezza di alcuni attimi che vengono rievocati dal personaggio di Thomas: “E le sue parole, tu sei il mio amore, spezzavano il suo silenzio e asciugavano le lacrime che si formavano nei mie occhi”.

Ricordi densi di nostalgia che, come briciole, colorano la vita di un’esistenza tormentata e avvolta dal buio. Un buio che troverà sempre consolazione nell’azzurro del cielo del mattin

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