Itinerario della mente verso Dio. Una disquisizione
Di Martino Ciano. Questo articolo, già pubblicato per L’Ottavo, non intende entrare in questioni filosofiche che meriterebbero ben altri approfondimenti e che lascio agli addetti ai lavori. Il suo obiettivo è quello di fornire uno spunto di riflessione.
Poiché molte sono le strade ma una sola è la meta, mi sono messo a ragionare sulla parola Dio, termine abusato e sempre di difficile identificazione. Se noi togliessimo la lettera d resterebbe solo io, ossia, un qui-sono che non fa che ampliare a dismisura il senso di solitudine che alberga in ognuno di noi. Proprio per questo motivo noi ci sentiamo lontani dal Cielo, in quanto vediamo la Terra come un luogo avulso dal resto dell’Universo, un luogo oltre il quale nulla esiste; pertanto, la morte non è un passaggio, ma la fine, la disintegrazione.
A controbattere queste tesi, o meglio, tali convinzioni, ci ha pensato il filosofo Emanuele Severino, che attraverso lunghe disquisizioni, frettolosamente liquidate come fantasiose riletture del pensiero del vetusto Parmenide, ha sottolineato che la morte intesa come ritorno al nulla è uno dei concetti che più ha corrotto la storia e il pensiero dell’Europa, ormai succubi del nichilismo. Anche la teologia-medievale, nonostante il suo amore per il concetto di morte inteso come passaggio da un mondo all’altro, ha solo cercato di mitigare la paura che gli uomini provavano per tale evento, invitandoli a una vita cristianamente degna, ma dimenticando di combattere radicalmente contro l’idea che l’ente può essere creato dal nulla e può ritornare in esso.
Ed ecco che qui si apre un problema davvero difficile da risolvere. Infatti, se noi consideriamo il nulla un ente, allora, dovremmo considerare il nulla un altro, un diverso da me, visto che per nulla noi possiamo intendere solo ciò che mai può essere. Se non compiamo questo passaggio cadiamo in una grossa contraddizione perché attribuiamo al nulla sostanza ed essenza.
Ma se guardiamo al guazzabuglio teologico-metafisico che abbiamo di fronte e che si muove tra le trame contraddittorie di una filosofia la quale, spesso e volentieri, più che interrogarsi sulla sua finalità, preferisce distruggersi in questioni di principio, rendendosi antipatica agli occhi dei più, ci rendiamo conto che alla base della filosofia sta sempre un’intuizione. Ed è per questo motivo che noi ci appelliamo a Bonaventura da Bagnoregio e al suo Itinerario della mente verso Dio, che pone la mente dell’uomo come parte della mente di Dio, in quanto essa è capace di legarsi a quell’eternità nella quale d-io alberga e in cui tutte le cose sono pure e imperiture; d’altronde, non è proprio nei nostri pensieri che avviene la purificazione e la corruzione di tutte le cose?
Ma guardiamo anche a Il libretto della vita dopo la morte di Gustav Fechner, pamphlet del XIX secolo, nel quale l’uomo viene visto in continuità. Infatti, il suo cammino inizia con il concepimento, si sviluppa durante la vita terrena e si concretizza dopo la morte, in un aldilà in cui l’anima abbraccia la totalità e agisce nel Mondo attraverso il pensiero dei vivi.
Dio è quindi unione tra uomo e divinità, tra essenza e forma che non conosce il nulla, giacché del nulla come noi lo intendiamo, ossia, assenza del sé e della sostanza, non v’è traccia.