L’inverno delle donne

L’inverno delle donne

Racconto di Rosanna Pontoriero. In copertina: “Donna alla toilette” di Antonio Donghi, 1930

La collina dei ciliegi, tardo inverno…

Soffiava un vento appena più tiepido, il sole filtrava le mura ancora umide, sopravvissute all’inverno, un odore poderoso di limoni bagnati animava quella mattinata di inizio marzo, che si presentava agli occhi di Lara con un ritmo lento e nostalgico. Quello era stato molto più di un semplice atelier, Lara si guardava e immaginava il brulichio della vita: sua nonna, la zia Tonia, zia Vittoria, la signorina Nunzia, il rumore delle macchine da cucire, i bozzetti, il via vai di persone, le faccende quotidiane, i fili, le stoffe.

La vita affiora e appassisce, finiscono le persone, si chiudono i luoghi e si suggellano le epoche. Lara stringeva tra le mani un pezzo di seta lilla impolverata, rimasta su un tavolo. Non aveva conosciuto nessuno: né la nonna e neppure le zie, si era però nutrita dei racconti nelle fresche estati d’infanzia alla Collina dei Ciliegi e aveva guardato per interi pomeriggi, in compagnia di una fetta di Charlotte alle pesche, le vecchie foto con le didascalie appuntate a penna. Tutti in quel borgo descrivevano l’Atelier Figimondi come un luogo cado, fuori dagli schemi, geniale. Era stato fondato da Rita Figimondi, sarta insieme alle sue sorelle, nel 1931 ed era rimasto pienamente attivo fino al 1985.

Il giorno dell’inaugurazione indossavano tutte un completo verde acqua e persino il Gazzettino locale aveva dedicato all’atelier una cronaca di taglio basso: “Quattro donne e un sogno. Apre i battenti una raffinata sartoria alla Collina”. Lara quell’atmosfera avrebbe voluto viverla in prima persona, la storia di quell’atelier era stata la favola della sua giovinezza. E in quel borgo era tornata ormai quasi trentenne, voleva provare a vivere lì per riscattare un amore naufragato, per il quale era arrivata a farsi del male.

Aveva appena terminato l’università, laurea in storia dell’arte, quando aveva conosciuto un mercante d’arte, presso il quale aveva svolto un tirocinio. Ne era nata una storia d’amore all’inizio totalizzante e travolgente, poi diventata per Lara una autentica prigione. Il mercante era sposato e per lui quella ragazza non rappresentava altro che una boccata di ossigeno. Le aveva persino affittato un appartamento, dentro il quale Lara si era isolata dal mondo e dai suoi sogni. Aspettava intere giornate la visita dell’amante, che si ritagliava una pausa dagli impegni lavorativi e familiari.

La storia era andata avanti così per circa un anno mezzo, sicché il mercante le lasciò intendere che sarebbe finita, perché avrebbe voluto dare più attenzioni alla sua famiglia. Lara, però, settimane dopo la rottura, scoprì che aspettava il secondo figlio dalla moglie: una doccia gelida, una pugnalata al fegato. Da lì la depressione, le giornate trascorse a vegetare nel dolore, in una sorta di afasia, sino al pomeriggio in cui tentò di tagliarsi le vene con una lametta, salvata da una visita improvvisa di sua madre.

Poi il ricovero in ospedale, la riabilitazione e infine, la decisione di tornare al borgo d’origine per ridare significato alla vita. Lara alla Collina era arrivata con un fardello grande, tante troppe cicatrici e un passato strozzante, ma era l’alba di un nuovo inizio. Giorni impegnativi aspettavano quella giovane donna, rinvenuta da un precipizio, sopravvissuta a se stessa. Le mura consunte del vecchio atelier la facevano sentire amata, pacificata, per questo aveva deciso di riaprirlo: iniziativa audace e per molti versi folle, alla quale si sarebbe appigliata con tutte le sue forze per salvarsi.

Inverno delle donne, maggio 2022…

Le stanze erano rimaste simili, solo una tinteggiata e una sistemata. Il nome era cambiato: Lara aveva ribattezzato la sua bottega, L’inverno delle donne, non sarebbe stata una sartoria, ma un atelier di moda retrò. Un negozio unico, che manteneva lo spirito delle donne che tra quelle mura si erano avvicendate con entusiasmo. Lara ci credeva: aveva rintracciato il senso della sua vita, dimenticato il marciume passato. Finalmente era pronta per ascoltare solo se stessa.

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