Io non sono vivo. Intervista a Sarah Grisiglione
Articolo di Clelia Moscariello. In copertina: particolare del libro “Io non sono vivo” di Sarah Grisiglione, L’Euridita edizioni, 2022
Sarah Grisiglione, psicologa, psicoterapeuta e docente liceale, nata a Catania, è l’autrice di “Io non sono vivo”, pubblicato da L’Erudita edizioni. Sarah Grisiglione ha redatto molteplici racconti brevi pubblicati poi in diverse antologie. L’autrice, nel 2021, si è classificata terza nell’ambito dell’Etna Book Festival, all’interno della categoria “Un libro in una pagina”, con il racconto Le cinque sorelle. Successivamente, Algra editore ha pubblicato i suoi “C’era una volta… Favolando” (2020) e “Prove d’autore” (2022). La sua ultima opera, “Io non sono vivo”, invece, è uscita soltanto, di recente, per la casa editrice l’Erudita.
Oltre a ciò, Sarah, appassionata di libri, oltre a scriverli, da brava lettrice, è da tempo amministratrice di una pagina Facebook molto seguita, denominata: “La Biblioteca dei libri ritrovati”. Insomma, la “nostra dottoressa” e autrice di certo non ama starsene con “le mani in mano”, e, in effetti, tra i suoi numerosi e variegati hobby, compaiono anche, quello della musica jazz, del canto e della scrittura creativa (ha seguito, con merito, molteplici corsi di scrittura creativa, tra i quali, si annoverano quello presso la scuola Holden e quello di livello avanzato con i “maestri” Marco Mancassola e Nadia Terranova).
Tornando al suo ultimo lavoro, in “Io non sono vivo”, Sarah Grisiglione riesce a districarsi a meraviglia tra narrazioni di vita e di morte, raccontando le esistenze “al limite” di differenti personaggi. A questo punto, dopo averla introdotta, soddisfiamo le nostre curiosità, conoscendo meglio Sarah Grisiglione e la sua opera in questa intervista.
1) Nel tuo libro sospendi in un certo senso i giudizi morali e insegni a non coltivare un pensiero. Quanto ti appartiene questo atteggiamento nella vita di tutti i giorni?
«Nella vita di tutti i giorni ci provo a sospendere il giudizio anche se non è sempre facile. Siamo il prodotto di un’educazione familiare e sociale, che non è sempre scevra dai giudizi ed alle generalizzazioni. Io ci provo e se cado nel giudizio poi ci lavoro per capirne la motivazione».
2) Perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Io non sono vivo”?
«A me ha emozionato tanto scriverlo e se i lettori amano parole che scuotono l’anima nel profondo, credo che questo libro sia uno strumento utile».
3) Chi ti auguri invece che lo possa leggere?
«Mi auguro possano leggerlo tutti perché il dolore interiore, emotivo riguarda gli esseri umani e perché spero possa aumentare il sentire empatico di alcune categorie».
4) Perché hai deciso di trattare proprio il tema della morte nel tuo ultimo libro?
«Ho trattato la morte, per sostenere la speranza. Muore il corpo, legato alle categorie spazio-temporali ma credo che lo spirito rinasca al dolore e alla morte. Ho sempre pensato alla vita terrena come ad un ponte da attraversare per giungere ad una nuova dimensione, spiritualmente più elevata».
5) Quale è (se esiste), tra le diverse voci narranti, quella che in cui ti sei immedesimata di più?
«Mi sono immedesimata nella voce narrante, quell’antenna emotiva che diventa poi ciascun personaggio».
6) Nelle prime pagine del libro si legge: «Si muore nell’anima, a poco a poco, quando perdi di vista il cuore e credi di non saperlo usare più; quando il tuo cervello è fisso in un solo punto e non riesci ad andare avanti; quando il tuo spirito libero è trattenuto da un legame ossessivo, un pensiero ricorrente che lo imprigiona; quando senti di essere ferito in una parte del corpo e non sai ripararlo». Cosa pensi della malattia dell’anima?
«Penso che la malattia dell’anima sia la più dolorosa e difficile da curare. Questo perché in studio ho prova che sia così. In fondo, IO NON SONO VIVO, parla di quel tipo di morte».
7) Hai mai provato la malattia dell’anima o conosciuto qualcuno che l’abbia sperimentata?
«Credo che tutti in qualche modo l’abbiano sperimentata nella vita, certo anche io, però cambiano le reazioni».
8) Per molti dei tuoi personaggi, la morte diviene in ogni caso una liberazione, a livello personale; invece, quando ritieni che la vita ti abbia messo a dura prova e cosa ti ha permesso di poter “rinascere”?
«Ho avuto diverse prove difficili nella vita, forse più nella famiglia di origine, alcune le ho vissute indirettamente perché accadute ad amici o familiari. Se vivi autenticamente la vita, capita di entrare in contatto con ferite emotive profonde. Io ho lavorato tanto su di me, analizzando ciò che mi faceva stare male, attraverso la meditazione consapevole, l’uso di pratiche e cure naturali, essendo anche Naturopata diplomata, e cercando di gestire le emozioni negative. Conta moltissimo anche l’amore che ricevi ed io ne ho dato tanto ma ricevuto anche moltissimo».
9) Tu credi in Dio? E, in caso affermativo, come si concilia con la tua professione di psicoterapeuta nonché di scrittrice?
«Credo in Dio con le riserve che la scienza mi ha portato ad avere. Non sono granché praticante ma credo nella spiritualità. Perché uno psicoterapeuta non dovrebbe credere? È importante però non farsi condizionare dai dogmi della fede o dalla propria religione».
10) Ad un determinato punto del libro affermi anche «basterebbe ricomporre tutti i pezzi, per non morire mai». Indicaci se vuoi il tuo modo ordinario di ricomporre i pezzi o quello che suggeriresti ad una persona in difficoltà.
«Ricomporre i pezzi significa entrare in contatto intimo con sé stessi ed integrare quelle parti ombra che non riconosciamo. Cosa fare? Una buona psicoterapia».