Incroci, Henry Miller-Heinrich Böll-Enrico Emanuelli insieme senza saperlo

Incroci, Henry Miller-Heinrich Böll-Enrico Emanuelli insieme senza saperlo

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Articolo a cura di Martino Ciano – già pubblicato su Zona di Disagio

Ho sfogliato con gli occhi le opere allineate nella mia libreria. Tanti volumi, riposti alla meglio, senza tener conto dell’ordine alfabetico. Eppure ogni testo è ancor vivo in me. Mi basta uno sguardo per ricordarmi quando l’ho letto, quanto ci ho messo, le emozioni che mi ha dato. In alcuni casi, riesco a ricordare anche il disgusto che ho provato, perché non tutto ciò che si legge piace davvero. A volte la nostra colpevole bulimia letteraria serve solo a soddisfare l’insoddisfazione cerebrale. Si legge per grazia ricevuta.

I miei occhi sono caduti su Opinioni di un clown, il capolavoro dello scrittore tedesco Heinrich Böll. L’ho letto qualche anno fa, ma in me rimane ancora vivido il ricordo del protagonista, Hans. Attore, clown, caduto in povertà, fermato da un infortunio, eroe anti-borghese e tremendo accusatore del bigottismo cattolico con cui la Germania stava provando a dimenticare il nazismo e l’Olocausto.

Ricordo anche quando lessi l’introduzione e la prefazione del libro. Io le leggo sempre, perché oltre l’opera v’è lo scrittore e oltre l’autore v’è il contesto storico in cui agisce. Non esiste penna che sia indipendente dal tempo in cui il suo tratto si rende indelebile. Al massimo può essere controcorrente. Böll faceva parte della corrente della Letteratura delle macerie nata proprio per ricostruire la cultura tedesca attraverso l’autocritica. Mi rimase impresso questo nome. A primo acchito potrebbe sembrare un nomignolo nichilista, invece, svela al mondo il potere salvifico della letteratura. Dalle macerie, la ricostruzione spirituale attraverso l’analisi e l’autocritica.

Faccio scorrere lo sguardo tra le mensole della mia libreria e pesco un piccolo testo che ho letto da poco. Una lettera dal deserto di Enrico Emanuelli. Giornalista e scrittore morto nel 1967 e che negli ultimi anni della sua vita fu responsabile delle pagine letterarie del Corriere della Sera. Questo libro è un breve testo in cui cronaca e letteratura si uniscono. Tutto ruota intorno a una curiosità: sapere perché un ex tenente medico italiano si sia rifugiato presso gli Indos peruviani per condurre una vita appartata. In queste poche ma intense pagine si intrecciano emozioni, ricordi e, soprattutto, una profonda analisi dell’uomo e della società italiana nell’epoca fascista.

Anche di questo libro ho letto la prefazione e ho scoperto che Emanuelli era un convinto avversario del Gruppo ’63, all’epoca avanguardisti, oggi, tra i principali responsabili della creazione delle baronie culturali italiane. Sarà per questo motivo che Emanuelli è finito nel dimenticatoio?

Ecco cosa scrisse Emanuelli riguardo al gruppo di cui facevano parte Sanguineti, Eco, giusto per citare i più celebri.

“Certuni ad ogni costo vogliono far paura ai benpensanti. È da sciocchi non riconoscere grande importanza a questi impauritori di turno. Soltanto bisogna rassegnarsi a un guaio: per ogni vero, spontaneo e disinteressato impauritore, come Henry Miller, ve ne sono dieci fasulli, calcolatori e mestieranti”.

Ed ecco, rimetto Emanuelli al suo posto. Nel mio cuore ancora lo applaudo e mi scuso con lui per averlo conosciuto così tardi. Mi sposto proprio su Henry Miller, sul suo Tropico del Cancro. Libro amabile, libertino, parigino. L’esperienza di un uomo che risponde con indifferenza alla possibilità che i suoi sogni non si realizzino. Miller è diventato ciò che voleva, ma proprio grazie alla genuinità della sua scrittura. Scioccare, raccontando la realtà.

E così finisco il viaggio nella mia libreria, il mio tour in questi ricordi ancor vividi. Posso andare a dormire tranquillo anche questa sera.

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