Il mondo visto da una cimice (ed altri esseri). Giuseppe Moscati “in bocca al gufo”
Recensione di Stefano Cazzato
Giornalista, saggista, promotore culturale, Giuseppe Moscati è un valente studioso di Aldo Capitini nonché presidente della fondazione del centro studi che a Perugia è dedicato al filosofo teorico della tolleranza e ideatore della marcia della pace. Bisogna partire da qui per cogliere a pieno l’ispirazione di questo e di altri suoi lavori che mettono al centro l’ideale della compresenza di tutti i viventi, rispettosa della biodiversità e del pluralismo culturale.
Ma se in altri lavori (penso a R come responsabilità o a Sandro Penna e Vittorio Bodini, Tracce di una compresenza poetica) questo ideale è declinato in termini più marcatamente filosofici, etici, esistenziali, qui, in queste pagine, l’ottica è ribaltata: non è più l’uomo che riflette su se stesso, ma l’animale che riflette sull’uomo.
In tal senso Moscati si colloca lungo quell’asse di scrittura che attraverso lo spostamento dell’angolo di osservazione del mondo (Kafka, Orwell etc), decostruisce vecchi pregiudizi e luoghi comuni, portato di una mentalità etno-antropocentrica dura a morire, come quello che la sofferenza sia solo umana o che gli altri viventi non provino emozioni e stati riconducibili in qualche modo a una forma di coscienza.
Super-coscienti, motivati, sensibili, appassionati, ma anche dotati di parola, sono gli esseri che popolano l’universo di questo libro che si dipana attraverso racconti brevi e brevissimi fino alla sintesi estrema di un haiku (anche la scelta di questo genere orientale è emblematica dell’orizzonte largo e interculturale): il lettore, sotto l’ombrellone, potrà piacevolmente imbattersi in gufi che non gufano, in una cagnetta psicanalista, in un topolino raffreddato, in cimici che discutono di politica, in un gatto inquieto e dal sonno debole, e ancora in koala, pulci, ragni, formiche, piccioni, e poi in un mondo di odori, di colori, di percezioni, di visuali, di ricordi che documentano quanto numinosa sia la vita, da quella di un cedro o di una bouganville a quella apparentemente inanimata degli oggetti comuni come un vecchio nastro musicale trovato per strada o un cacciavite che ne ha viste tante.
Ho detto sotto l’ombrellone perché il libro ha taglio letterario, nonché quelle qualità di leggerezza e scorrevolezza che lo rendono adatto a questa stagione. Ma poi sui temi sollevati il lettore dovrà continuare a meditare in profondità: non sono solo sulle dirimenti questioni ecologiche che Moscati solleva, ma anche culturali, che hanno a che vedere con il nostro modo di stare al mondo, di rapportarci al creato e alle creature, al futuro della terra, alle speranze delle nuove generazioni. E lo fa (ne sono certo) col pensiero rivolto ad altri due maestri di questo mood spirituale: il Gunter Anders de L’uomo è antiquato e l’Hans Jonas de Il principio responsabilità. Ci vedo anche, seppur in modo più velato, la cura heideggeriana e il Bateson dell’Ecologia della mente.
Più che lettura leggera, dunque, lettura non pesante, ma profonda se è vero che qui, sulla scia di Capitini, si parla “della non violenza come persuasione nel voler affermare l’esistenza, la libertà e lo sviluppo di ogni essere”.
Così dice una cimice ad un’altra. Penso che dovremmo ascoltarla, e crederle!
G.Moscati, In bocca al gufo. Racconti (brevi e brevissimi) e qualche haiku, Mimesis, pp. 167, euro 14.00