Il giardino delle rose strappate. Annalena Cimino e la poesia della denuncia

Recensione di Sebastiano Impalà

Trenta poesie intense quelle della poetessa caprese Annalena Cimino. Leggendole con estrema attenzione e, cercandone l’introspezione tipica dell’autrice, il lettore si immerge totalmente nei suoi versi in quanto li sente propri, voci narranti di un sentimento collettivo.

Poesie di denuncia sociale, di frustrazioni ed aberrazioni che quotidianamente riempiono le pagine dei media. Sono liriche dettate da continui episodi di femminicidio, dove la donna, esempio di vita e continuità viene, non solo vilipesa e maltrattata ma spesso dimenticata dalle istituzioni.

Inoltre la Cimino si addentra, con estrema sagacia, nei meandri avvilenti della vita disperata dei migranti, vessati da viaggi di speranze che spesso si concludono con la morte, non dimenticando assolutamente le problematiche inerenti all’infanzia rubata. Lei vive sulla propria pelle tutti i disagi del mondo, analizza sé stessa e la società frammentaria e poco incline alla solidarietà, ne evidenzia tutti i comportamenti assorbendone le sfumature.

Nel contempo, però, mentre ne raccoglie le infinite negatività, le espone al mondo intero divenendo lei stessa portavoce e, da donna intelligente e sensibilissima, evoca speranze collettive di riscatto sociale, auspicando che l’uomo contemporaneo non perpetui gli errori del passato.

Nella poesia “Dachau” con parole sofferte ma delicate, rievoca i campi di sterminio, il silenzio della morte sui corpi degli innocenti martoriati dall’ignominia del nazismo. Tristezza e speranza, mai rassegnazione nei versi della poetessa, testimone del suo tempo ed amabile guerriera e, non potrebbe essere altrimenti, essendo lei donna, madre e soprattutto una grande ed ispirata poetessa dell’anima.

Da leggere con estrema cura, lasciandosi trasportare dalle onde del suo intenso lirismo!

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