Tra fuochi d’artificio

Articolo di Martino Ciano

Anche Dio ha bisogno del suo folklore. Così piace agli uomini che si affaccendano a sparare fuochi d’artificio in suo onore, a illuminare il cielo, anche quando le nuvole coprono le stelle. Non c’è la luna questa sera, non sorge ancora, e sembra che il mondo giri in un altro verso, che il giorno si riavvolga su se stesso.
Torna indietro il tempo, anni si rifanno vivi e ricordi si rifanno presente. Di quel presente io farei a meno, perché non si fa rimaneggiare, ma solo osservare. C’è una trama che così è, che così è stata intessuta e così andava vissuta, anche se si fossero prese altre decisioni, altre strade, sarebbe stato illusorio il mio libero arbitrio, la volontà di Dio sarebbe andata comunque per la sua strada e un’onnipotente oppressione mi avrebbe guidato verso ciò che già era stato deciso.

Si gira e si rigira intorno a ciò che è, mentre ciò che non è stato vive in qualche angolo del multiverso. Che tu ci creda o no, c’è una differenza tra ciò che vedi e ciò che è realmente, tra ciò che è reale e ciò che è vero, tra ciò che ti attraversa e ciò che riposa in te da sempre. Ma di una sola cosa per volta possiamo fare esperienza, il resto verrà. Sono sempre le stesse cose, non c’è una novità che possa dirsi tale, tutt’al più ci illudiamo che dopo una cosa ce ne sia un’altra diversa.

Anche queste parole sono state ripetute, messe in fila l’una dopo l’altra in modo diverso nei secoli dei secoli, ma non cambia la sostanza. Ciò che esse raccontano è di tutti fin dall’alba dell’umanità e ogni uomo vi è passato, e io che scrivo oggi sono come coloro che scrissero prima di me. Solo mi illudo che sia tutto diverso, come la prima volta, come se non fosse mai stato scritto, come se non fosse mai stato pronunciato.

Benedetta illusione,
non morire ancora,
che l’umanità non ha bisogno di verità.
Tieni stretto il tuo velo sui nostri occhi.
Ecco, due cose ci bastano per sopravvivere:
un velo e qualche volta un attimo di lucidità.

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