I rituali dei teofilantropi. La Rivoluzione Francese e la nuova religione
Recensione di Martino Ciano già pubblicata per Gli amanti dei libri
Questo volume è un’operazione verità che fa luce su uno dei “lati oscuri” e meno conosciuti della Rivoluzione Francese. Riuniti sotto l’etichetta di “culti civici”, per troppo tempo gli storici non hanno indagato sull’impatto che la Rivoluzione ebbe sulla religione e sul senso del sacro. Quanto avvenne dopo il 14 luglio 1789 non può essere liquidato con l’abusato processo di scristianizzazione, ma bisogna parlare soprattutto di rinnovamento.
Per quanto rimasta ai margini, la teofilantropia fu il tentativo di creare un culto civico senza gerarchie ecclesiastiche o istituzioni pronte a “dogmatizzare” ogni aspetto. L’anticlericalismo dell’epoca fu conseguenza della stretta convivenza tra Monarchia e Chiesa, l’una giustificava l’esistenza dell’altra. Di qui quel processo violento che fu soprattutto rivolta contro il potere. Discorso a parte va fatto per l’ateismo, fenomeno che venne contrastato dalla maggior parte delle frange rivoluzionarie.
Da un punto di vista antropologico, i riformisti concordavano sul fatto che la religione fosse un collante sociale. L’uomo ha bisogno di una fede. Il rito e la festa non potevano venire meno di colpo. Invece, dal lato squisitamente spirituale, la Rivoluzione non legò il suo destino solo al Deismo, al culto dell’Essere Supremo o alla Dea Ragione, ma principalmente all’unione tra il particolare, ossia l’uomo, e l’universale, ossia Dio.
La teofilantropia fu caldeggiata anche dai preti rivoluzionari che avevano combattuto e denunciato il tenore di vita tutt’altro che casto e parco dell’alto clero. Come detto, l’obiettivo fu quello di riunire sotto un’unica grande religione i principi cardine della Rivoluzione, quali libertà, uguaglianza e fraternità, con Dio e il progetto disposto per l’umanità.
Come viene ribadito in più occasioni nei saggi di Antonio Cecere, Marco Rocchi ed Enrica Veterani, l’aspetto principale dei riti dei teofilantropi è la volontà di costruire una religione che partisse dal basso, dal popolo; in cui ogni individuo della comunità fosse pontifex tra cielo e terra, tra ragione e ignoto, tra ammirazione verso una società votata ai principi rivoluzionari e la contemplazione dell’opera di Dio da cui quei principi traevano forza. Addirittura vengono creati riti quotidiani e per ogni occasione, raccolti in opuscoli che vengono riportati in questo volume grazie alla traduzione di Sabrina Carli.
Ma qual è il lascito della teofilantropia? Non fu determinante, almeno non subito, ma molto del senso religioso che oggi ci appartiene è figlio di quel periodo. Anche questo aspetto viene approfondito all’interno del volume, che raccoglie non solo una ricostruzione del fenomeno, ma anche una importante lettura della modernità.