I miei ricordi tra le stelle
Articolo e foto di Martino Ciano
Al mio amico Vincenzo De Presbiteris,
che ha fondato e gestito per 35 anni
la sala giochi Starlight di Praia. Al nostro affetto quotidiano che ancora oggi travalica generazioni…
Martedì 5 dicembre 2023: questa attività ha chiuso per sempre…
Mi sono fermato al buio dell’insegna cercando la luce tra i ricordi e nuotando tra sorrisi rarefatti di giovani adagiati sui loro motorini. Rivedo in loro la nostra spavalda armonia come se mai dovesse venire la fine del giorno e mai si dovesse diventare adulti.
Così tra una partita a flipper o a Tetris, o guidando tra i fuorilegge un cowboy supereroe che salva dal male il suo mondo a due dimensioni, ecco che si facevano lunghi e ampi i nostri sguardi; cercavamo l’amico e l’amica, la compagna del momento con cui costruire una vita immaginaria e che ci facesse sempre tremare il cuore.
C’erano giorni dal cielo grigio, così come c’erano quelli soleggiati, il chiasso però era sempre lo stesso; le nostre voci non conoscevano la noia o la tristezza. Più forte della pioggia, del freddo o del caldo era la voglia di stare insieme, di cercarci, di unirci, di guardarci negli occhi. Un appuntamento fisso in un luogo senza tempo, in uno spazio amico, anzi fraterno.
Eccomi lì, seduto sugli scalini con la prima sigaretta tra le labbra, con il primo amore in testa, dopo il primo bacio dato in pubblico, con la spensierata vergogna di essere stato troppo tenero o troppo felice. Oggi, invece, al buio della tua insegna ricordo ancora quando, a distanza di anni da quel momento, ascoltando Lazy dei Deep Purple, spazzavo i pavimenti del locale canticchiando quella mia pigrizia e pensando già a quei ragazzi che aspettavano che io alzassi la serranda.
Tempo di ultimi compiti in classe a scuola, tempo di furbeschi filoni.
“Fammi entrare che se passa mio padre e mi trova qui mi porta a scuola a calci”.
“E proprio qui dovevi venire a rompere…”, risposi a quel ragazzetto madido di allegria, pensando a quel suo papà che conoscevo e che mi avrebbe preso per complice. E quello rimase per un paio di ore lì, seduto, solo, mezzo addormentato, per poi dirmi: “Meglio qui a sentire musica che spaccarmi la testa sul compito di matematica”. E io gli raccontai delle immaginarie formule che scrivevo sul foglio per terminare subito quei “problemi improponibili”, per poi rifugiarmi in bagno, per fumare e per stonarmi in compagnia del mio walkman con dentro “una cassetta Tdk su cui avevo fissato i migliori pezzi dei Black Sabbath e dei Judas Priest”
E diventammo amici, io e lui; e tempo prima ero diventato “fratello” di altri, e fidanzato immaginario, qualche volta di fatto, di altre, e anche nervoso per una inquietudine che mi faceva affacciare sul mondo, un mondo che per quanto piccino fosse, all’epoca era immenso, come era immensa la voglia di scoprirlo.
E ora al buio dell’insegna, su una striscia di carta affissa sulla porta d’ingresso, c’è scritto un dignitoso arrivederci, forse pronunciato già 35 anni fa ma che noi vediamo solo oggi. E oggi di qui nessuno passa, è rimasta una serranda chiusa; è rimasto qualcosa di me e di tanti… io che bacio per la prima volta quella ragazza andata chissà dove; io che spazzo il pavimento e che canto Lazy dei Deep Purple, mentre la mia malinconia si impigrisce.