House of Gucci. Ridley Scott e il “lusso” del tempo

Recensione di Letizia Falzone

House of Gucci è un film di Ridley Scott, scritto con Becky Johnston, composto da un cast stellare: Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto, Jeremy Irons e Al Pacino. Il film è uscito nelle sale italiane il 18 dicembre 2021 e ora in onda su Prime Video.

L’incipit di “House of Gucci” parte da un dettaglio: un orologio. Questo orologio si trovo al polso di Maurizio Gucci, l’ultimo rampollo dell’omonima famiglia che aveva costituito un’azienda leader nel settore della pelletteria di lusso. Con il commento della voce fuori campo di Patrizia Reggiani, quell’orologio scandisce gli ultimi istanti di vita dell’uomo seduto al tavolino all’aperto in una fredda mattina milanese del 1995. Poco prima della fine del protagonista, inizia un lungo flashback che coincide in sostanza con la trama del film.

La storia è ben conosciuta. Nel 1978 Maurizio, figlio dall’animo gentile di Rodolfo – disegnatore del famoso fazzoletto rosso – , autoritario socio alla pari col fratello Aldo, incontra Patrizia Reggiani ad una festa. È una donna di bell’aspetto, curata, figlia di un imprenditore nel campo dei tir.

Gli anni ’70 milanesi sono patinati, ricchi, scintillanti: Maurizio si innamora follemente di Patrizia, nonostante lei sia una povera ignorante che non ama leggere e lui un quasi avvocato. Il padre non gradisce questa unione e dopo aver cercato di dissuadere Maurizio dal sposarla, lo caccia di casa e lui chiede asilo al suocero. Ed effettivamente è durante il periodo di lavoro a contatto coi tir, che Maurizio dice di non essere mai stato più felice. Ma Patrizia non ci sta: vuole di più, vuole tutto. Vuole che Maurizio riprenda i contatti col padre, almeno con lo zio Aldo e il cugino Paolo. Con la nascita della figlia Alessandra avviene la riconciliazione di Maurizio con suo padre.

Durante i 13 anni di matrimonio i due appaiono spesso sui giornali come la coppia più bella del mondo. Maurizio non torna mai a casa a mani vuote, ha sempre dei fiori e dei regali per Patrizia e la chiama fino a 10 volte al giorno, anche quando si trova dall’altra parte del mondo per lavoro. La loro vita si divide principalmente tra New York, Milano e Saint Moritz dove possiedono diverse proprietà e passano il tempo frequentando sfilate ,organizzando feste, oppure in giro per il mondo.

È il 1983 e se infatti il brand Gucci, così come tutto il made in Italy, fino a quel momento era andato a gonfie vele, improvvisamente il vento cambia per il brand fiorentino: quando muore Rodolfo Gucci, Maurizio eredita le sue quote e poco dopo ottiene anche quelle del cugino Paolo. Estromette lo zio Aldo ma le cose cominciano a precipitare. Il brand, diventato troppo popolare per effetto delle mille licenze, è in perdita. E Maurizio vende le sue quote agli arabi. Per Patrizia è una delusione cocente. Maurizio se ne va di casa.

Patrizia non riuscirà mai a superare l’abbandono del marito ed inizia una vera e propria campagna contro di lui che durerà anni. Quando scopre che nella vita di lui è entrata un’altra donna – Paola Franchi – rifiuta di accettare la situazione e comincia a meditare pensieri omicidi.

Così, come tutte le leggende hanno un fondo di verità, così è vero che la famiglia Gucci era sicuramente folkloristica. E che Maurizio, fosse un uomo non troppo di polso, era cosa nota nella cronaca rosa degli anni ’90. Che Patrizia Reggiani fosse e sia ancora un po’ svitata, è indubbiamente vero. Essendo socialitè, i personaggi sono sempre stati sotto l’occhio dei paparazzi milanesi, newyorchesi e via dicendo: ma si trattava di persone reali. Con i loro difetti. Con i loro slanci di umanità. I loro traumi, le loro tragedie personali. Il loro amore. E, chiaramente, la pellicola narra la discesa infernale di Patrizia Reggiani che porterà all’assassinio del marito Maurizio Gucci. Ma questo evento è l’ultimo pezzo del puzzle di quello che è un racconto con più strati. Infatti “House of Gucci” dedica del tempo al dramma familiare. Drammi che poi portano ripercussioni economiche e a quelle che potenzialmente potrebbero essere le dinamiche più interessanti e solide dell’intera pellicola.

L’interpretazione attoriale più riuscita è comunque quella di Lady Gaga (Patrizia Reggiani), prima ragazza innamorata, poi donna manager, infine mantide ferita, pronta al gesto estremo. Eppure non c’è parte nella quale la Gaga sembri a disagio o fuori ruolo. Una lode va anche all’interpretazione di Adam Driver, (Maurizio Gucci) quella più significativa dell’intero film, nel raccontare un uomo prima innamorato, poi manipolato ed infine libero.

Splendida la colonna sonora che strizza l’occhio all’Italia, ai successi anni ’60, alla lirica di autori come Verdi, Rossini e Puccini e si trasforma nel corso del film esplicitando alcuni aspetti psicologici dei personaggi. Accompagna sfilate e momenti di una sfida per la supremazia. La colonna sonora di House of Gucci è vivace, brillante e carica d’energia, il ritratto di un’epoca e di un microcosmo fatto di ricchezza, sfarzo e stile. Tra i pezzi coinvolti spicca “Una notte speciale” di Alice, e nel finale, una hit di Tracy Chapman in duetto nientemeno che col grande Pavarotti: la splendida “Baby, can i hold you tonight”.

Gucci è un nome dal suono dolce, seducente. Un marchio che è sinonimo di ricchezza, di stile, di potere. Ma il nome Gucci è pure una maledizione. E talvolta, il concetto che la famiglia venga prima di tutto può ritorcersi contro i tuoi stessi famigliari. Perché se la saggezza è nel sangue, il denaro no. Stravaganze, avidità, tradimenti e, infine, un omicidio. La sfarzosa ascesa e caduta della famiglia Gucci attraverso tre generazioni. Una dinastia che sulla carta cerca di rimanere fedele a sé stessa, ma che nella realtà dei fatti perisce sepolta dall’orgoglio e dal risentimento.

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