Hermann Broch e la poesia sull’orlo dell’abisso

Recensione di Nicola Vacca

Hermann Broch è uno dei più noti scrittori mitteleuropei del Novecento. Ha pubblicato importanti romanzi filosofici e poesie. La morte di Virgilio è il suo romanzo più celebre. Nel libro che racconta l’ultima giornata di vita del poeta c’è un confronto serrato tra prosa e poesia. In Italia la sua opera poetica è quasi sconosciuta.

Ma per capire davvero Broch bisogna incontrare la sua poesia. Per lo scrittore austriaco scrivere significa voler conquistare conoscenza attraverso la forma e la verità della parola. Sono queste le premesse di una poesia dall’altezza vertiginosa, che si muove tra simbolismo e la sua deflagrazione, tra religione e sentimento. Al centro di tutte queste tensioni vibra sempre il ruolo centrale dell’uomo nel creato.

Recentemente dalle Edizioni De Piante è uscito La verità solo nella forma (a cura di Vito Punzi, pagine 180, € 14,00) un volume che raccoglie le poesie scritte da Broch tra il 1913 e il 1949. Finalmente possiamo leggere la poesia di uno dei più grandi scrittori del Novecento, un canzoniere sull’orlo dell’abisso. Nella poesia di Broch troviamo il pensiero poetante di Hölderlin e il mondo delle ombre inquiete di Rilke e la parola poetica è sempre un fatale colpo di grazia che non concede salvezza.

Giuseppe Conte nella prefazione scrive che il lettore di questo libro si troverà di fronte a un mondo visionario, interrogante, aspro e ondoso, capace di tante e diverse soluzioni linguistiche e metriche, complesso e pieno di ascensioni e fascinazioni. La poesia, per Broch, è un tutt’uno con l’essere: essa inizia con la vita e si estende al confine estremo della vita stessa. La poesia è semplicemente la vita che accade.

Da questa forte impronta esperienziale lo scrittore austriaco non si allontanerà mai. La sua grandezza sta nella ricerca assoluta delle incognite più profonde del pensiero. Con un linguaggio intimo e colloquiale Broch scalda il cuore del lettore quando intinge la penna nell’osservazione del quotidiano e invita il suo prossimo a sottoporsi alla tentazione del sentimento: «Sempre il sentimento/ci è vicino e lontano/ come un vecchio gioco di bambini/ciò che un tempo ci accadde come in sogno/e per metà non fu più visto:/lo cerchiamo nel nostro amore/e offriamo le nostre trepide mani».

Nonostante le tragedie del suo secolo – di cui Broch è stato acuto osservatore, avendo studiato in particolare il fenomeno del totalitarismo – il poeta non ha taciuto e ha cercato le risposte a tutto il male che accadeva nell’illuminazione dell’umano che permane. Mosso dalla fede nella potenza demiurgica dell’uomo, Broch mostra un intenso amore per la vita. Anche se il pensiero si scioglie nel vuoto, la sua poesia non smette mai di prestare attenzione al valore dell’umanità.

Al centro della sua poesia c’è sempre un umanesimo, incontro di fede, conoscenza, sentimento e ragione. Nelle pieghe della sua infinitezza il poeta scava perché è consapevole che nonostante il terrore di cui è capace l’uomo non può smettere di abitarlo. La poesia di Hermann Broch è capace di immagini forti: si avverte lo stupore della parola che precipita nel fuoco della vita per preservarla dalle sue oscenità.

Broch attraverso la ricchezza della lingua dice la realtà. Il poeta conosce il peso delle parole e sa andare oltre il loro significato. I suoi versi si pongono il problema metafisico della conoscenza della realtà che ha sempre bisogno della «parola che si irrigidisce nel mare dei pensieri».

Lo scrittore austriaco non concepì mai la poesia senza la conoscenza: in virtù di questo rapporto ebbe a scrivere: «perché poesia è veggente attesa nella penombra, poesia è abisso che sa della penombra, è attesa sulla soglia, è comunione e insieme solitudine, è promiscuità e paura della promiscuità, casta nella promiscuità(…) Oh, poesia è attesa, non è ancora partenza, ma perenne congedo».

L’umanistico sapere della poesia di Hermann Broch va oltre le ragioni del codice terrestre. La parola supera il confine per offrirsi come dono dell’ esperienza che va oltre sé stessa per parlare all’uomo e alle sue oscurità.

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