Ernest Hemingway raccontato da Anthony Burgess. Una biografia introvabile
Recensione di Nicola Vacca
Il grande merito di Ernest Hemingway è stato quello di sgombrare il romanzo dal decorativismo fiacco, dai compiacimenti letterari e dalla comoda ipocrisia che ne rappresentavano l’eredità. La sua prosa tersa ha avuto il merito di coinvolgere la vita nella letteratura. D’altronde, la sua stessa esistenza, sempre sfrondata dai miti che la circondavano, lo dimostra.
Questo scrive Anthony Burgess, uno dei maggiori scrittori inglesi contemporanei, nel libro Hemingway. Lo scrittore e il suo mito: grande maestro di letteratura, pessimo esempio di vita. Ecco una bella e intensa biografia dedicata al grande autore americano, uscita nel 1978 e pubblicata in Italia nel 1983 per i tipi di Editoriale nuova.
Burgess nel suo libro tratteggia, con dovizia di particolari, la figura di Hemingway, per cui la sua vita è la materia prima della sua idea di letteratura. Dall’infanzia spensierata nel Middle West, alla cruda realtà della Prima e della Seconda guerra mondiale; dai meravigliosi anni parigini della generazione perduta, ai viaggi in Africa, fino al periodo vissuto a Cuba.
Burgess sostiene che non si può capire “Hemingway scrittore senza raccontare la sua vita di uomo”.
Tutto ciò che Ernest scrive nei suoi romanzi accade nella sua esistenza avventurosa, inquieta e disordinata, ma ricca e intensa di un vissuto che è sempre esperienza, con tutti i suoi errori.
Già in gioventù Hemingway era dominato da un proposito semplice e complesso allo stesso tempo: spostare la sede estetica della lingua dalla sua tradizionale ubicazione, la testa e il cuore, per ancorarla saldamente a nervi e muscoli.
La sua scrittura è cruda e rinuncia agli orpelli. Nei suoi romanzi lo scrittore mette nero su bianco il suo tempo e la realtà che ha davanti.
«È proprio la fusione – scrive Burgess – dell’artista sensibile e originale con l’uomo d’azione dalla muscolatura atletica che ha fatto di Ernest Hemingway uno dei grandi miti internazionali del ventesimo secolo».
Il mito è reso affascinante e avvincente dalla presenza, in egual misura nell’uomo e nell’artista, di un’attitudine ambigua verso la vita e la morte, di una mancanza di fiducia in se stesso che pare contraddire gli atteggiamenti positivi assunti in guerra e durante i safari. Hemingway nella sua esistenza si porta dentro un sincero tormento le cui radici sono difficili da trovare.
Ernest Hemingway raccontato da Anthony Burgess non è solo un saggio o una biografia, ma è prima di tutto una testimonianza umana. Un libro sull’uomo, lo scrittore e il suo stile che ha rappresentato un contributo nuovo per la letteratura mondiale.
Burgess sostiene: «Benché i difetti dell’uomo alla fine abbiano mutilato l’opera, al suo meglio Hemingway è una forza generatrice di ulteriori sviluppi pari a quella di Joyce, Faulkner o Scott Fitzgerald. Ed anche nel peggio ci ricorda che, per impegnarsi nella letteratura, bisogna prima impegnarsi nella vita».
Un libro oggi introvabile che meriterebbe di essere ripubblicato.