Han Kang, Atti umani, Adelphi

Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Satisfiction

Atti umani è una cronaca lucida dei sanguinosi fatti che animarono nel 1980 il colpo di stato del generale sudcoreano Chan Doo-hwan. La città che pagò il più alto tributo in vittime fu Gwangju. Tanti gli studenti che si ribellarono, pochissimi quelli che riuscirono a salvarsi. Quella carneficina è stata raccontata da Han Kang con dovizia di particolari, grazie all’ausilio di una scrittura che non usa giri di parole.

In quei giorni si uccise con estrema leggerezza, come se la vita umana non avesse alcun valore. Nessuna distinzione di sesso o di età, l’importante era far scorrere più sangue possibile, perché ogni tiranno deve sempre dimostrare di saper tenere sotto controllo la situazione.

Per otto anni la Corea del Sud ha vissuto nel terrore imposto dal macellaio Chan Doo-hwan. Anni in cui ai prigionieri furono inflitte punizioni corporali senza precedenti. Fu un regime che venne spacciato per democratico, durante il quale il sangue continuò a scorrere a fiumi. A far da cornice al massacro, il silenzio.

Infatti, per una dittatura non c’è cosa più vantaggiosa del silenzio; senza di esso il popolo non diventa succube della paura e dell’apatia.

Quando la rivolta travolse Gwangju, Han Kang aveva appena dieci anni. La scrittrice sudcoreana, però, non parla subito della sua esperienza, ma parte dalla storia di un ragazzo di appena quindici anni, che perse la vita in quei giorni di guerriglia urbana. L’autrice preferisce far trasmigrare i suoi ricordi e le sue sensazioni in questo giovane studente che non ha mai conosciuto, ma di cui ha scoperto la storia durante le sue ricerche, quando ancora il libro era solo una vaga idea.

Una scoperta che ha trasformato quest’opera in una cronistoria romanzata, in cui compaiono tante persone, ognuna con una storia diversa, ma tutte segnate da quei giorni di brutalità e legate a questa giovanissima vittima. Così, storia e finzione si uniscono e provano a rendere più digeribile la realtà; anche se il risultato è un libro crudele, che sveste l’umanità di ogni sua utopia e di tutto il suo candore.

La guerra è sempre brutale, ad ogni latitudine. Non esiste giustizia laddove il sangue imbratta la terra.

Lo scrivo alla fine, perché su un libro l’ultima parola spetta sempre al pubblico; Atti umani ha vinto l’edizione 2017 del premio Malaparte.

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