Gli spiriti dell’isola
Articolo di Adriana Sabato. In copertina: Marco Ober, Achill Island, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
Inisherin, isola immaginaria, al largo delle coste irlandesi è il teatro della narrazione di un film Gli spiriti dell’isola (titolo originale The Banshees of Inisherin), da poco uscito nelle sale italiane. In realtà l’opera cinematografica è stata girata ad Achill Island e ad Inishmore, la maggiore delle Isole Aran, due isole con le medesime caratteristiche che si affacciano al largo della costa occidentale d’Irlanda. Il nuovo lavoro di Martin McDonagh fa seguito al grande successo di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri e segna il ritorno del pluripremiato commediografo, regista e sceneggiatore britannico-irlandese. Nel cast, la coppia di attori Colin Farrell e Brendan Gleeson.
Gli spiriti dell’isola, dramma grottesco con venature di commedia presentato al Festival di Venezia, candidato a 9 premi Oscar e vincitore di 3 Golden Globe, si presenta inizialmente come la storia di un’amicizia infranta e in effetti non lo è. In realtà il lungometraggio è una metafora il cui profondo significato si nasconde tra numerosi simboli.
Gli spiriti dell’isola sono i personaggi tramite i quali si svolge la storia. Anime e creature umane e non solo: anche gli animali umanizzati in modo visionario nell’ambientazione hanno una parte rilevante. Ci parlano infatti della propria condizione, una solitudine geografica ma soprattutto esistenziale e alla ricerca di un contatto con i propri simili, di “gentilezza” il cui bisogno è rivendicato da Pádraic (Colin Farrell), di riconoscimento, come sognato da Colm (Brendan Gleeson), l’ex amico di Pádraic, il quale intende dedicarsi completamente alla composizione di brani musicali grazie al suo violino che strimpella nel pub del villaggio, al fine di essere ricordato nei tempi come Mozart.
Lo snodo e l’inizio del film è la rottura dell’amicizia tra Pádraic e Colm, il cui legame fatto di conversazioni futili e senza senso che si svolgono tutti i giorni quando si danno appuntamento alle due del pomeriggio al pub, viene troncato da parte del secondo senza alcun apparente motivo e spiegazione tranne quella da parte di Colm di averne fin sopra i capelli di Pádraic e di non voler più trascorrere nemmeno un minuto in sua compagnia. Pádraic cerca di capire e chiede aiuto alla sorella e al parroco. I reiterati dinieghi da parte di Colm arrivano alla minaccia che concretizzerà in modo assurdo e grottesco.
Si trovano in quest’opera chiari riferimenti al teatro dell’assurdo, il particolare tipo di opere elaborato dagli autori dell’esistenzialismo richiamanti, qui, il teatro di Samuel Beckett, anch’egli irlandese: una dimensione artistica con cui Colin Farrell si era già cimentato nel 2015 con la straniante distopia di The Lobster di Yorgos Lanthimos. Su tutto esplode in tutta la sua bellezza la natura selvaggia e incontaminata dei luoghi con, a fare da sfondo, lo sconfinato mare e le immense colline verdeggianti del paesaggio irlandese che sembrano contrastare e quindi evidenziare maggiormente il dipanarsi della trama.
Un film, secondo diversi autori, dai profondi e universali contenuti che ondeggia tra il beffardo e assurdo sarcasmo e il dramma che parla della fragilità umana e della disperazione di spiriti in cerca di tenerezza e amore. Un film consigliatissimo e certamente da vedere e rivedere.