La portalettere. Francesca Giannone e “la storia di una emancipazione”

La portalettere. Francesca Giannone e “la storia di una emancipazione”

Recensione di Letizia Falzone

Cosa resta dell’eredità delle nonne, delle madri, di tutte le donne venute prima di noi?

Questo romanzo è il racconto di un’eredità: quella tramandata da Anna alla mamma di Francesca, l’autrice del libro.

Il romanzo è incentrato completamente sulla vita di Anna, una donna arrivata in un piccolo paese in provincia di Lecce nel caldo giugno del ’34, accanto al marito Carlo e al figlio Roberto. Lei è una donna del nord, colta ed emancipata, lontana dalle arretratezze del tempo e dal luogo in cui approda improvvisamente per volere del marito, il quale sente la necessità di ritornare a casa dopo tanti anni fuori.

Anna non può che sentire e vedere immediatamente le differenze tra lei e il resto del paese. Tuttavia, per amore del suo Carlo, un uomo così gioviale e buono, trova la sua strada e un giorno decide di candidarsi al posto vacante di portalettere del piccolo comune. Da questo momento, inizieranno le difficoltà che questa donna forte dovrà affrontare in un posto così retrogrado e guardingo di fronte all’innovazione. Anna ha voglia di far comprendere al mondo intero che la donna vale quanto l’uomo e bisogna rispettarla. Per tutti sarà per sempre prima la forestiera e poi la portalettere, ma in entrambi i casi una donna diversa.

Anna vince un concorso bandito dalle Regie Poste e diventa la prima portalettere donna di Lizzanello, quindi; conduce a piccoli passi la sua rivoluzione: anticipa tempi sin troppo nuovi; indossa i pantaloni, non è credente, non va a messa e non si cura di “alimentare chiacchiere”. Accetta, insomma, di germogliare in un terreno non sempre ospitale. Prende in carico i destini delle donne sostenendone con forza i diritti, quando ancora nessuno ci pensa, o ne parla.

Tra un dopoguerra e l’altro, il 1946-1948, il diritto di voto esteso alle donne, l’inizio dell’Italia Repubblicana, il matrimonio della regina Elisabetta con il principe Filippo, gli anni Cinquanta, si snoda la figura di Anna.

Odiando ogni forma di prepotenza maschile e ogni forma di sottomissione femminile, Anna rivendica la propria libertà e presto inizierà a battersi affinché anche le altre donne ottengano rispetto, autonomia e considerazione.

Fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, innamoratosi di lei nell’istante in cui l’ha vista.

Il filo che lega il romanzo è l’eredità femminile, fatta di abilità, consuetudini, pensieri ma anche di cose semplici, materiali, come delle vecchie foto o la vecchia macchina da cucire Singer. I personaggi sono vivi e impariamo a conoscerli mentre crescono nelle loro mille sfaccettature in un romanzo che sa trascinare il lettore, lo incanta e lo cattura.

Un romanzo dove la centralità del racconto è l’essere donna, forte o debole, audace o austera, capace di lottare anche senza urlare e, soprattutto, capace di essere sempre resiliente. A volte, però, la solidarietà femminile viene meno  proprio dalle donne: puntandosi il dito le une contro le altre, loro diventano il muro più difficile da abbattere per l’emancipazione di genere.

Una vicenda di formazione generazionale negli anni della Seconda guerra mondiale, uno spaccato di storia del costume, un’epica del quotidiano a tratti drammatica. Sullo sfondo un paesino della Puglia intorno a un nugolo di personaggi capaci di inseguire con determinazione il futuro. Di quel Salento ci arrivano i profumi, le voci, i colori, i sapori e le tradizioni.

I luoghi sono a loro volta protagonisti, presenze attive, quasi personificate, come già s’intuisce dalla frase in copertina: “Un paesino del Sud, una donna del Nord. Un incontro che cambierà entrambi.”

Tante le ambientazioni che diventano un tutt’uno con l’elemento umano: la casa dei Greco in via Paladini; il giardino segreto di Anna; il paesino con il suo odore speciale.

Sebbene in primo piano vi sia la saga famigliare dei Greco, va sottolineato che il romanzo affronta anche le questioni legate agli avvenimenti storici: il fascismo; la guerra e il Dopoguerra; i partiti politici, con i due schieramenti contrapposti, Democrazia Cristiana e Partito Comunista; l’occupazione delle terre dell’agro di Arneo, tra Nardò e Taranto; la questione del voto alle donne; l’UDI (Unione Donne Italiane) e la Casa per le Donne, realtà all’avanguardia per l’epoca.

Cambiano gli equilibri, mutano le voci ma resta indelebile il carattere di uno scritto che trascina tra le sue pagine senza difficoltà. L’intreccio è ben costruito, i personaggi sono vividi e suscitano nel lettore una grande empatia e capacità di immedesimazione.

Ciò che più conquista del personaggio di Anna è che non si presenta affatto come un’eroina esente da difetti. È una donna vera, con tutte le sue colpe e i suoi meriti, i suoi torti e le sue ragioni, i suoi sbagli e i suoi tentativi di porvi rimedio. Anna non vuole piacere a tutti i costi, né cerca l’approvazione degli altri; è schietta e in buona fede, ma agisce spesso d’istinto e non pondera tutte le conseguenze delle sue azioni, finendo anche per ferire le persone che ama.

Un romanzo familiare che trascina il lettore come un fiume: epica popolare, saggezza antica, leggerezza e personaggi impossibili da dimenticare.

Registri narrativi che si alternano, storie che non mirano a suscitare atteggiamenti pietistici o falsi ottimismi, l’autenticità riversata in ogni pagina hanno dato luogo a una lettura altamente immersiva e, non nego, ha sfiorato corde intime del mio vissuto generando quell’interrogativo posto in apertura di articolo: cosa resta dell’eredità delle nonne, delle madri, di tutte le donne venute prima di noi?

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