Gianfranco Calligarich, L’ultima estate in città, Bompiani

Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Gli amanti dei libri

L’amore per la letteratura ci obbliga ad essere dei ricercatori. Purtroppo tanti piccoli capolavori sono stati seppelliti dal tempo. Di sicuro L’ultima estate in città fa parte di un tesoro sepolto che ancora aspetta di essere portato del tutto alla luce.

Questo libro è stato pubblicato nel 1973. Nel 2010 è stato riproposto da Aragno, ma è rimasto sul mercato per poco tempo. Sul finire del 2016, Bompiani gli ha ridato la gloria che merita. Dal canto mio, ho acquistato quest’opera dopo aver letto un interessante articolo di presentazione sul blog Zona di Disagio di Nicola Vacca.

Ed ecco il miracolo. Un romanzo di valore, che ha preso posto tra i miei libri preferiti, tra quelli che ricorderò e che consiglierò.

Leo e Roma, una storia di amore e di odio. Il protagonista è un settentrionale che giunge nella Città dei Papi in cerca di aria nuova. Porta con sé delle aspettative, ha voglia di esperienze esaltanti, ma ha anche bisogno di tanta pace. Così, giunge nella Capitale con una valigia contenente lo stretto necessario e con l’anima in subbuglio. Si aggira per le strade come se non avesse una meta, eppure il suo tormento è proprio quello di trovarne una. Quale? Non lo sa.

Trova lavoro come ricopiatore di articoli giornalistici, ma è poco incline ai sacrifici che gli vengono chiesti. Verrà introdotto nel mondo della televisione, ma vi resterà solo un giorno. Quell’ambiente depravato non fa proprio per lui, d’altronde deve già fare i conti con i suoi problemi, tra questi c’è l’alcol. Fatto sta che gliene arriverà uno ancora più grande: Arianna.

Arianna e Leo, una storia pericolosa per due anime fragili. Lei che ama, ma non sa chi. Lei che vorrebbe, ma non sa cosa. Lei che combatte ogni giorno contro se stessa. Così, in questa ambigua relazione, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto è un deflagrare e un ricomporsi nello stesso punto spazio-temporale. Eppur tutto si muove. Leo sente che la vita gli sfugge via, gli eventi si susseguono e lo travolgono. Lui non si oppone a questo meschino balletto messo in scena dall’Universo, ma neanche prova a seguire il ritmo della danza, semplicemente osserva e vorrebbe che qualcuno ballasse per lui.

Proprio per questo motivo ha bisogno di evadere. Ci prova con l’alcol, seguendo l’esempio di Graziano, amico ironico e istrionico, decadente e realista, personaggio superlativo che vomita scomode realtà.

Ed ecco a voi L’ultima estate in città. Un romanzo scritto quarant’anni fa, ma ancora tanto attuale perché racconta dell’uomo e l’uomo, si sa, deve fare i conti sempre con gli stessi problemi. Leo infatti sa di essere parte di un complesso di colpa a cui non riesce a dare un nome, tanto meno un’origine. In tutto ciò, la Roma di Calligarich diventa una gabbia in cui la vita e la morte si inseguono, si azzannano, si feriscono e si leccano le ferite a vicenda. E in questo ballo nervoso, l’esistenza diventa un cammino anonimo, senza infamia e senza lode.

Ma l’autore mette in mostra anche il rapporto tra il protagonista e la città. Leo è un uomo che soffre di solitudine persino in mezzo alla folla. Lui è un antieroe che somiglia tanto a quello Straniero di cui Camus ha raccontato le gesta.

La sua unica colpa: credere che l’amore sia una soluzione.

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