Gerard Prévot, Il demone di febbraio, Agenzia Alcatraz
Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su L’Ottavo
Sono racconti in cui il particolare determina l’intera storia, ed è proprio ciò che appare insignificante, così come gli atteggiamenti banali dei personaggi disseminati in queste novelle grottesche, che meritano la nostra attenzione. Durante la lettura dobbiamo seguire attentamente un discorso che, per quanto lineare, resta sempre sospeso, in attesa di essere completato. Prévot viene tradotto per la prima volta in Italia. È considerato il maestro belga del bizzarro ed è proprio questo aspetto a rendere tutto intrigante.
Demoni, streghe, fantasmi, lapsus, sono al centro dei suoi racconti. I protagonisti delle sue storie sono incapaci di dominare gli eventi, sono in balia di loro stessi. Qui vince l’equivoco, che è sempre la parte “ironica” di ciò che spesso definiamo “un errore di valutazione”.
Al di là dell’area francofona, Prévot è rimasto un perfetto sconosciuto. Leggendo questo libro scopriremo uno scrittore che ha fantasia da vendere. È morto nel 1975 e ha toccato i luoghi dell’insolito. Alcuni racconti ricordano molto lo stile di Poe, soprattutto per il modo in cui riesce a far leva su quelle paure ancestrali che danno vita a mostri e fantasmi che risiedono da sempre in noi.
Se per “bizzarro” intendiamo tutto ciò che per la sua stravaganza è capace di attirare, allora Prévot lega il lettore alle sue storie solleticandone la curiosità. In questi racconti tutto è guidato da un’apparente normalità, e proprio questo velo uniforme di razionalità riesce a pungolare in noi ansie che generano spettri, visioni ed equivoci che ci affascinano.
Non ci stancheremo mai di leggere questi racconti. Alcuni avranno bisogno anche di una seconda lettura, grazie alla quale troveremo “la pagina” in cui è nascosta la chiave capace di svelarci quella “verità” che, in un mondo bizzarro, è sempre un trabocchetto studiato ad arte.