Garantisti alle vongole
Articolo di Nicola Vacca
Una volta nella politica italiana c’erano i liberali alle vongole, cioè tutti coloro che liberali non lo sono mai stati ma facevano di tutto per apparire tali agli occhi dell’opinione pubblica.
Sedicenti liberali che facevano finta di essere liberali esclusivamente per tirare l’acqua al proprio mulino. Di liberali senza liberalismo è affollata la storia della Repubblica. Oggi assistiamo a un fenomeno simile nel campo del dibattito sulla giustizia. Al centro troviamo un esercito numeroso di garantisti alle vongole.
Le file della discussione sullo Stato di diritto e sullo strapotere della casta della magistratura, oggi sono capeggiate soprattutto dai garantisti alle vongole. Garantisti senza garantismo si fanno avanti per puro opportunismo e si scagliano contro la magistratura corrotta e politicizzata.
Molti di questi lo fanno scegliendo come eroe Luca Palamara, l’ ex magistrato e ex presidente dell’Anm che è stato radiato dalla magistratura per uno scandalo all’interno del mondo delle toghe e dopo essere stato accusato di aver ricevuto regali e benefici in cambio di favori, di aver tentato di danneggiare chi aveva avviato un indagine su di lui. Successivamente viene modificato il capo d’imputazione contestando a Palamara il reato di corruzione in atti giudiziari.
L’ex magistrato ha avuto una rivelazione e si è accorto che nella sua casta dilaga il marcio. Così a radiazione avvenuta ha pensato di rivelare i misfatti illeciti della Repubblica delle toghe e scrivere la sua storia segreta della magistratura.
Palamara adesso scrive libri nei quali racconta il marcio che c’è (tra politica e affari) nella magistratura di cui faceva parte con una condotta non sempre trasparente.
Da magistrato a scrittore il passo è breve.
I garantisti alle vongole, impegnati in questi giorni nella campagna referendaria sulla giustizia, citano Palamara e le sue rivelazioni tardive e ipocrite per promuovere le loro battaglie contro le correnti e lo strapotere dei giudici.
Tutto questo è ridicolo e paradossale, ma in questo sciagurato paese il trasformismo è sempre una moda. Aveva ragione Flaiano quando scriveva che l’Italia è un paese di porci e mascalzoni.
Il garantismo non si improvvisa, si è garantisti per cultura e conoscenza. E di garantisti veri e non alle vongole ne abbiamo avuti, per fortuna. Come non ricordare il grande Leonardo Sciascia.
Sciascia è stato uno dei primi a denunciare le disfunzioni dell’amministrazione giudiziaria e lo strapotere della casta dei magistrati. Grande sostenitore dello Stato di diritto, riteneva vergognoso che un magistrato, nel nostro ordinamento, non dovesse rendere conto dei propri errori e, quale che ne fosse l’entità, nemmeno la sua carriera – percorsa automaticamente fino al vertice – dovesse pagarne il prezzo.
Alle sue pagine sul garantismo, grande lezione di civiltà, oggi siamo costretti a guardare dopo gli anni equivoci della stagione giustizialista.
«Tutto è legato, per me, al problema della giustizia: in cui si involge quello della libertà, della dignità umana, del rispetto tra uomo e uomo».
A queste parole (che si leggono in Porte aperte) doveva pensare quando, sul Corriere, sosteneva l’innocenza di Enzo Tortora. E molto tempo prima che scoppiasse Tangentopoli – siamo nel 1987 – scriveva pagine memorabili in difesa dello Stato di diritto, denunciando coraggiosamente le deviazioni ideologiche del sistema giudiziario e stigmatizzando gli aspetti deteriori della giustizia – spettacolo.
A futura memoria sono questi i garantisti lucidi e coerenti che dobbiamo citare per auspicare un ritorno alla giustizia giusta.
A proposito di garantismo vero e autentico come non ricordare Mauro Mellini, scrittore e politico di lungo corso del Partito Radicale (quando i radicali erano una cosa seria e non una barzelletta).
Mellini è stato uno dei protagonisti indiscutibili della rivoluzione culturale e politica dei diritti civili e soprattutto ha combattuto una battaglia coraggiosa per la giustizia giusta. Ha lottato fino alla fine da garantista di razza affinché questa Repubblica potesse avere una magistratura decente e non intoccabile.
Oggi che dilagano i garantisti senza garantismo, tra i quali adesso si è anche arruolata la Lega di Salvini, promotrice insieme ai radicali in versione barzelletta, dei referendum sulla giustizia.
La stessa Lega, giustizialista e forcaiola, che durante Tangentopoli applaudiva a Mani Pulite e tra un tintinnio delle manette e l’altro nelle aule del Parlamento agitava il cappio.
La giustizia è una cosa seria e ha bisogno di garantisti veri come Leonardo Sciascia e Mauro Mellini e non di garantisti alle vongole e a corrente alternata, che fanno solo propaganda e che soprattutto garantisti non lo sono mai stati, né per cultura e neanche per formazione.