Gagliazzo: un rivoluzionario di paese
Racconto e foto di Martino Ciano
Gagliazzo invoca la guerra per noia, per dire qualcosa, per sembrare che stia nel mondo. Invece è davanti al bar, con le mani in tasca, una sigaretta in bocca e lo sguardo ciondolante che si concentra un po’ sull’ancheggiare di una donna e un po’ su un vecchio che contempla un solitario che vuole terminare con successo, come fosse un’opera d’arte.
Intorno a lui, altri come lui; sé stesso moltiplicato. C’è pure lo scemo del quartiere, uno che una volta entrò in casa di un estraneo per rubare dell’oro, ma non seppe più come uscirne; disse ai Carabinieri che gli era preso un attacco di panico. Nel bar, un tizio secco e con la barba lunga bestemmia contro una slot machine; ha perso troppi soldi e dice che ora “la moglie gli romperà il cazzo”.
Gagliazzo continua a invocare la guerra, è convinto che prima o poi scoppierà. I missili contro l’Ucraina e quelli contro Gaza hanno per lui lo stesso valore; infatti, non sa dove si trovano con esattezza Gaza o l’Ucraina. Se mai un giorno dovesse venirgli voglia di andarci, userà il navigatore. Gagliazzo passa il tempo a parlare di ciò che non sa. Prima era “no Vax”, prima ancora fu “no Tav”; mai una volta che sia stato contro sé stesso. Si è sempre dichiarato un uomo informato: le sue fonti sono i gruppi di Telegram.
Gagliazzo è meridionalista, dice che ancora la guerra contro i briganti non è finita. Secondo lui, stanno usando i vaccini anticovid per selezionare la razza. Intanto, ha votato Lega; crede nell’uomo del Ponte dello Stretto, addirittura guarda i suoi video su Facebook. È sicuro del fatto che il mix meridionalismo-leghismo risolverà un sacco di problemi. Come non lo sa, ma è convinto che accadrà. Il tempo gli darà ragione.
Gagliazzo rutta, trattenendo parte del ruggito in bocca. È educato e la signora ancheggiante è entrata nel bar. È una tipa dalle “minne toste e dal culo tondo”. Lui ha un pezzo di terreno in cui coltiva ortaggi e ce la porterebbe volentieri, solo per vedere cosa succede ai suoi istinti mentre lei si piega per raccogliere dei pomodori o una margherita.
Solo vedere, attenzione! Ché lui è sposato da diciassette anni, ha una figlia di diciassette anni e guai se uno parlasse di lei così. Infatti, lui sta solo pensando queste cose, non le ha pronunciate. Ci sta che la mente corra anche quando la lingua sta a freno.
Gagliazzo si fa una grattata di palle. Il bar è il suo mondo, un mondo di cui si sente “re”. Fa niente che l’intelligenza artificiale stia conquistando l’umanità o che si sia sull’orlo della fine dei tempi; lui immagina solo cosa accade oltre i confini del suo paese; anzi, ricostruisce tutto grazie a “gruppi social gestiti da uomini d’onore”. Nonostante tutto, vive come i suoi avi: con spirito di conservazione delle gerarchie e dei ruoli.
Gagliazzo lascia il bar, deve andare a casa a pranzare. Tornerà nel pomeriggio, dopo la pennichella quotidiana alla quale mai rinuncerà. Ne avrà di cose da raccontare.