Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Feltrinelli
Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Gli amanti dei libri
Lo leggerete velocemente guidati dalla passione e dalla ragionevolezza. Il suo linguaggio ingenuo, introspettivo ma fiabesco, vi colpirà fin dalla prima riga. Parola dopo parola vi sentirete coinvolti in questa novella scorrevole ma intrisa del cattivo odore di un’epoca che non va dimenticata.
L’amico ritrovato è stato pubblicato nel 1971. Quando venne scritto, Uhlman aveva settant’anni e nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di lui, almeno come scrittore. Conosciuto infatti più come pittore che non come letterato, l’artista di Stoccarda non avrebbe mai pensato che con un romanzo breve di appena novanta pagine sarebbe entrato nell’Olimpo della letteratura.
Un successo meritato o solo un riflesso? La domanda sorge spontanea, ma sono sicuro che dopo la lettura di questo libro converrete con la mia umilissima opinione: siamo davanti a un capolavoro.
La storia narra dell’amicizia di due adolescenti, Hans e Konradin. Il primo è figlio di un medico ebreo, il secondo è il rampollo di una nobile famiglia tedesca che ha simpatie verso il nazional-socialismo. Tra i due nasce una profonda amicizia, ma nel momento sbagliato. Infatti, tutto si svolge negli anni in cui la Germania sta cadendo preda del morbo antisemita.
Non vi svelerò più nulla della trama. Magari avete già letto questo libro, magari lo rileggerete proprio grazie a questo articolo, magari è la prima volta che ne sentite parlare, fatto sta che l’oggetto del romanzo è chiaro. Eppure ciò che più colpisce non è tanto il tema ma come esso è stato sviluppato. Prima di tutto non c’è una lettura pietistica e drammatica della questione ebraica.
Uhlman stesso è un ebreo, nato a Stoccarda nel 1901 e cresciuto in una famiglia agiata. Ha vissuto i terribili anni del nazismo e sulla sua pelle ha provato il dolore dell’emarginazione e del razzismo. Nelle sue parole però non scorgiamo né vendetta, né risentimento.
Sebbene Hans, figura dietro cui Uhlman si cela per raccontare le sue impressioni, sia costretto a trasferirsi negli Stati Uniti d’America per scampare alla persecuzione, rimarrà sempre impressionato dalla figura del suo amico Konradin. Verso di lui non prova odio, ma ne salva la figura.
L’amico ritrovato infatti è tutto incentrato sul ricordo. Hans-Uhlman racconta questa storia anni dopo la seconda guerra mondiale. Ormai è vecchio, stanco, si è preso tante soddisfazioni negli Stati Uniti ma ha bisogno di riacciuffare l’innocenza che ha perduto nel 1933, quando il nazismo lo ha scacciato dalla Germania. Konradin quindi diventa l’immagine di quel momento spensierato e senza macchia, in cui la vita si guarda con speranza e il futuro ha il sapore della felicità. Ritrovare quell’amico nella memoria vuol dire ritrovare l’innocenza che per Hans è andata via troppo presto. Ed è per questo che egli non prova rancore verso Konradin, vittima del sistema e delle scelte della sua famiglia.
Ma è proprio nelle pagine finali di questo libro che verremo sconvolti. Il colpo di scena che ci ha preparato Uhlman ci viene somministrato con delicatezza. Il giovane Hans infatti per conquistare la simpatia di Konradin ha dovuto lottare molto, ha provato verso di lui un’ammirazione fuori dal comune fin dal primo giorno di scuola. A distanza di anni, il vecchio Hans ancora la sente. Per lui Konradin è sempre stato speciale.
E sarà proprio il destino a confermare questa sua intuizione adolescenziale.
Come? Lo scoprirete leggendo.