Francesco Forestiero. La mente sbagliata. Rossini
Recensione a cura di Letizia Falzone
Titolo: La mente sbagliata
Autore: Francesco Forestiero
Casa Editrice: Rossini Editore
Genere: Romanzo di formazione
Trama: È il 1984 in un piccolo borgo della campagna calabrese, e per Claudio e Jacopo è anche l’anno del loro primo giorno di scuola. L’inizio di una straordinaria amicizia, che attraverserà intatta il tempo e i cambiamenti dell’adolescenza in arrivo.
Un affiatamento, quello tra i due ragazzini, che resisterà alle difficoltà e ai contrasti, grazie ai sogni e alle passioni in comune, come quelle per il calcio e la musica. Ma Claudio ha un’anima diversa, una mente contorta, sbagliata. E con i suoi pensieri comprometterà quel legame saldo e importante che sembrava destinato a durare all’infinito. La goccia che farà traboccare il vaso è l’arrivo di Angela, una ragazza che i due amici incontrano alle scuole medie e per la quale Claudio perde subito la testa. Lei, senza saperlo, porrà fine alla spensieratezza dell’infanzia, innescherà un vortice senza fine di eventi e decisioni affrettate, evocando un demone peggiore di quanto si possa immaginare, trasformando la favola dell’amicizia in un incubo. Sarà l’offuscata fine di un tenero microcosmo rurale, fatto natura, mistero e personaggi eccentrici: come Alberto, il cugino pluriripetente di Jacopo, o l’uomo bianco, con i suoi capelli che sembrano fili d’argento e i suoi occhi color ghiaccio.
Recensione: Non esiste nulla al mondo che, come e più di un buon romanzo, possa descriverci al meglio, e con interesse crescente, insistente curiosità e nitida efficacia, l’intera esistenza di una persona. Un libro può raccontare in modo laconico ma lapidario un grande intervallo di tempo, un numero incredibile di eventi, di fatti, di cambiamenti, accompagnati dai pensieri, dalle riflessioni, dai dialoghi, dagli umori dei protagonisti, che scandiscono così tutte le loro stagioni di vita: l’infanzia, la crescita, la maturità e l’epilogo dell’umana esistenza.
Nel romanzo “La mente sbagliata” tale descrizione avviene con cura estrema, e con tale incanto da ammaliare il lettore, intrattenendolo, interessandolo, emozionandolo. Forestiero descrive non una sola esistenza, ma due, ed inoltre scruta, indaga ed evidenzia non solo la vita ma tutto l’animo, lo spirito, l’intenzione, l’indole dei protagonisti.
Si tratta di un romanzo di formazione, che ricalca le grandi epopee popolari, dove gli eventi spesso si evolvono, rovesciando situazioni che sembravano completamente differenti. I sentimenti rappresentano un substrato potente che attraversa ogni vicenda, permeandola di quella partecipazione emotiva che quasi travolge il lettore. Questa storia, in definitiva, sottolinea sostanzialmente un atto d’amore e di amicizia tra due persone. Immergersi nelle vite di Claudio e Jacopo è semplice e naturale, e l’identificazione con i protagonisti avviene in maniera spontanea in quanto in ognuno di noi convivono caratteri diversi ma complementari, come quelli presenti nei personaggi. Nel libro si parla di ascesa sociale, amore, amicizia, invidia, tradimento, passione, violenza, tutte tematiche estremamente importanti e che, soprattutto, ci riguardano in quantità e qualità differenti. C’è tutto. C’è la vita, così come era all’epoca, così come può essere narrata anche oggi. Leggere queste pagine è stato come poter vivere per qualche tempo in quel luogo, in quegli anni.
Due bambini e poi adolescenti che pian piano diventano amici. Un’amicizia strana, a tratti dolorosa. Si crea tra loro un legame che non può essere spezzato. È un rapporto forte sì, ma allo stesso tempo complicato. Sono due anime differenti, ma anche complementari. Non possono fare a meno l’uno dell’altro, ma allo stesso tempo sono mossi da una continua rivalità/competizione che li porta a dover far sempre di più, per non permettere all’uno di essere più avanti all’altro.
Jacopo e Claudio risultano quindi persone vive, reali, con i loro punti di forza e debolezza, con le loro luci ed ombre. Non sono perfetti, ma sono veri. Ed è questo che ho molto amato della penna del Forestiero. Narrare la vita, di vite. Anche i personaggi secondari non risultano delle macchiette, ma hanno tutti un ruolo, delle sfumature ben precise. Seppur i due protagonisti risaltino, come è giusto che sia, in quel mix di voci e volti. E risalta anche l’ambiente. Un piccolo microcosmo della Calabria, una cornice perfetta che l’autore esalta descrivendo anche una semplice stradina sterrata di campagna.
Ho trovato, durante lo svolgimento della storia, in modo impeccabile, l’evoluzione psicologica e morale dei personaggi dall’ adolescenza all’età adulta. Questo mi ha permesso anche di ascoltare le emozioni e i sentimenti, le decisioni intraprese e le difficoltà affrontate. In questo libro ci sono le persone che cambiano crescendo, alcune maturano, altre restano indietro. Ci sono le scelte che per noi sono importanti mentre per altri sono capricci. L’amicizia tra i due ragazzi mi è sembrata meravigliosa nel suo realismo, per circa metà del romanzo; dopodiché, mi sono posta alcuni interrogativi man mano che nel rapporto si palesavano dubbi, incertezze, rancori, e i toni diventavano sempre più cupi e denotanti malessere. Sono convintissima del fatto che il loro golden moment sia stato fino ai quindici anni circa, finché erano emblema di una relazione solidale e positiva. L’introduzione della figura di Angela segna la voragine: questo sviluppo però mi ha incuriosita, poiché ha decisamente animato il loro rapporto.
La scrittura di Francesco Forestiero è ipnotica e coinvolgente; nel suo romanzo descrive in modo dettagliato il vissuto emotivo dei suoi personaggi, restando però sempre ben ancorato alla realtà.
L’autore non scrive una storia romanzata, fa romanzo della vita, perciò ciascuno è indotto, attraverso il racconto dell’esistenza di Claudio e Jacopo, a riconsiderare le proprie scelte e i propri pensieri, a rievocare i sogni realizzatisi o no, a fare racconto di sé, raccontarsi e redimersi, se si vuole, o semplicemente riconsiderarsi. Ognuno di noi reca in sé un amico, la parte migliore di sé stessi.
Spesso, l’unico che ci piace.