Foucault in California. Il “trip” di un filosofo che si definiva giornalista
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Foucault in California” di Simon Wade, Blackie Edizioni, 2023
Per molto tempo, il suo manoscritto è rimasto in un baule perché bistrattato da diverse case editrici. D’altronde, come si pretendeva di credere alla storia che Michel Foucault, all’epoca una leggenda vivente per ragioni non solo filosofiche, avesse trascorso alcuni giorni in compagnia di un gruppo di ricercatori californiani per fare un’esperienza lisergica nel deserto?
Eppure, dopo quel trip controllato, senza effetti collaterali, senza ulteriori eccessi, Foucault ammise di aver distrutto il primo manoscritto de “La storia della sessualità” per riformulare le sue tesi. Possibile che l’Lsd avesse aperto così tanto la sua mente? A quanto pare, la risposta è “sì”.
A scrivere tutto questo, nel 1972, poco dopo l’esperienza nella Death Valley, fu Simon Wade. La storia stava finendo però nel dimenticatoio, anche perché nessuno voleva che si diffondesse. È stata una ricercatrice, Heather Dundas, che, incuriosita da questa vicenda, iniziò a lavorare per la pubblicazione del libro, facendosi consegnare il vecchio manoscritto proprio da Wade, prima della sua morte avvenuta nel 2017.
Infatti, pian piano spuntano foto e testimonianze, anche un vecchio articolo di giornale. Insomma, l’esperienza lisergica di Foucault sembra essere vera; come spesso è accaduto, le idee sono state aiutate dalle droghe naturali. Che piaccia o meno, visto che ormai il dibattito si è aperto, anche questo aspetto fa parte del gioco, pertanto vanno messe da parte certe facili “dicerie” su quelle sostanze naturali che non “stupiscono” solo, ma ampliano le vedute.
Il libro non è comunque un pamphlet in difesa dell’uso della droga, ma è un dettagliato reportage che ci mostra un Foucault inedito, a misura d’uomo, tutt’altro che malato di accademismo ma pronto a dichiararsi un giornalista, in quanto interessato al presente.
“Vorrei che i miei libri fossero delle bombe; vorrei che una volta letti esplodessero per produrre effetti immediati prima di scomparire per sempre”. Con una tale dichiarazione, il filosofo francese prendeva le distanze da coloro che si sprecavano in astrattismi vari, con il solo fine di essere riconosciuti dai posteri.
“Siamo tutti parte di un linguaggio costruito nel mezzo del potere. Ognuno di noi è un evento; lo studio del singolo evento ci permette di comprendere i meccanismi del potere”. All’epoca, Foucault non era di facile lettura, non era per tutti, ma sapeva dire a ciascuno qualcosa di diverso; un qualcosa che veniva intuito attraverso l’esperienza quotidiana.
Ancora oggi, leggere i suoi libri vuol dire comprendere il meccanismo del potere e di come questo sia stato nel tempo alimentato. Soprattutto, i suoi testi ci abituano anche a vedere “il corpo”, il grande escluso della società occidentale in favore di uno spiritualismo e di una ricerca della purezza che hanno generato mostri.
Per Foucault, il potere produce “canoni di normalità” ai quali l’individuo deve sottomettersi. Tutto ciò che sta al di fuori delle regole è categorizzato in qualcosa di dannoso che dev’essere o annientato, o sanificato, o normalizzato. Si tratta di un discorso all’apparenza semplice, ma Foucault è stato uno dei pochi a saperlo raccontare in maniera limpida.
Insomma, in questo libro, che contiene anche alcune conversazioni che Foucault intrattenne con studenti e accademici californiani, non c’è solo il racconto di un “trip”, ma anche un approfondimento sul pensiero del filosofo francese.
Inoltre, una delle cose importanti è che a parlare è lo stesso Foucault.