Fidati di me
Racconto di Wanda Lamonica
“Smettila di guardarmi, perdo forza. E spiegami come fai, a tuffarti nei miei occhi, tutto intero, ogni volta”.
“Tutto intero?”.
“Sì. Così intero che i lacci delle tue scarpe, alla fine, mi rimangono pure impigliati tra le ciglia. Se almeno usassi i mocassini, dico io!”.
Manuel sorride. Sto prendendo il volo. Comincio a sbandare con le parole. Chissà dove andrò a parare, questa volta.
“E poi smettila di baciarmi in quel modo”, insisto.
Mi mordo le labbra, sollevo la testa, in alto a sinistra. Con lo sguardo becco un uomo calvo, in canottiera bianca, che fuma spaparanzato sul suo balcone. Fraintendendo, il tizio ammicca verso di me in modo disgustoso. Manuel segue ogni mio movimento. Io riprendo il controllo (per modo di dire).
“Sì, hai capito. Non baciarmi in quel modo. Che mi frulli il cervello e mi mandi in brodo di giuggiole con quella cosa, lì, sì…insomma. Con quella pericolosa linguaccia tua”.
Manuel ride. E io arrossisco. Mi succede sempre così. Le cose belle mi fanno paura. Mi sembra sempre di non meritarmele, di non riuscire a gestirle. Infine, di perderle, per colpa mia.
“Deve finire questa cosa che mi manchi troppo. Ché poi mi viene sempre una voragine nello stomaco, quando non ci sei. Voragine che riempio con cioccolata e patatine fritte. Così, alla fine, io divento una balena e tu scegli una bella donna magra”.
“Greta, la smetti di fare la bambina?”.
“E tu la smetti di dirmi che mi ami?”.
“Ma io ti amo”.
“L’amore poi finisce”, dico sconsolata, con una saggezza patetica assorbita da troppi film romantici, farcita di troppe citazioni di libri rosa. “E io sono stanca delle cose che finiscono. Mi ammaccano il cuore. E che ci faccio, poi, con un cuore ammaccato? Amo a metà? Amo mentre ancora mi fanno male le tue ferite? Perché tu mi ferirai. Oh, si, caro il mio Manu. Tu mi spezzerai il cuoricino”.
“Greta, ti amo oggi, ne sono sicuro. Ti amerò domani, ne sono certo. Del futuro più lontano, cosa ci importa? Cosa vuoi che ne sappia? Io so però che ogni attimo con te è Vita senza tempo. Non ti ammacco nulla, fidati. Ti amo davvero. Voglio proprio Greta, nei miei giorni”.
“Smettila di promettere”, gli spingo un dito sul petto. (L’ho visto fare in un film e mi pare sortisse un bell’effetto).
“Ma infatti io non prometto”, risponde Manuel. “Ti rendo semplicemente partecipe del mio sentire”.
Manuel mi prende le mani. Sono gelate, bianche, persino un poco tremolanti. Da vecchina, insomma. Si avvicina. Mi appoggia il naso sul collo. Per fortuna ho messo il profumo buono. Poi mi stringe forte. E acciuffa tutto il mio mondo strambo, tra quelle sue braccia forti. Ci riesce davvero. Poi mi bacia, mi frulla il cervello. Le farfalle mi fanno festa nello stomaco. Nessun retino mentale, ad acchiapparle. La paura è fatta a fette da eroici brividi-samurai. E, ad un certo punto, eh beh, ci si lascia andare.
(“La smetti di fermarti sempre a respirare?”).