Esercizi di realismo. Ciò che non è ma che ci ipnotizza

Articolo di Martino Ciano

Esiste il fare, ma molto più importante è il pensare. Pensare aiuta ad agire, a patto di non voler rimanere ancorati al nostro stadio istintuale. Non possiamo pretendere di non sbagliare, non saremmo umani; peggio ancora, senza l’errore non ci saremmo evoluti; poco avremmo imparato se tutto fosse stato velato dalla perfezione. Si dice che lo spirito critico ci aiuti a valutare, grazie a esso compiamo delle scelte; le scelte generano azioni e atteggiamenti, siano essi giusti o sbagliati, abbiamo la possibilità di creare e di distruggere; una serie di azioni determina un evento, una serie di eventi danno luogo alla vita. Questo vale per ogni individuo. Ogni individuo fa parte della società, anche gli alienati e gli anti-tutto.

Esercizi di realismo di Stefano Cazzato è un libro del 1999, non è neanche più in commercio, ma io ho avuto il privilegio di leggerlo. Avere un pensatore per amico può essere una gran rottura di scatole, perché ti impone di ragionare anche sul sesso degli angeli, ma allo stesso tempo è divertente, perché un pensiero tira l’altro e mai si arriva a una soluzione, ma solo a un comodo compromesso. L’unica cosa certa è che devi agire, vedere come va, tirare le somme, accumulare tutto in quel sacco che si chiama esperienza, cosicché tu comprenda perché alcune cose sono andate come avevi immaginato, mentre altre sono andate diversamente. Fatto sta che questa sfida si chiama vita e si manifesta qui, nella realtà, tutti i giorni

Ma la realtà è oggettiva o soggettiva? Il libro di Stefano Cazzato è un confronto con la quotidianità, con i propri simili. Con sguardo indagatore, mostrando un amore innato per la disquisizione, l’autore ci porta tra ciò che ci circonda. Lo fa con beneficio del dubbio, pur ammettendo che porre tutto sotto la lente dello scetticismo, negando ogni verità o dato di fatto, vuol dire accettare o ammettere tutto. Così come, l’annullamento di ogni cosa attraverso un atteggiamento nichilistico, significa disprezzare anche se stessi.

La realtà quindi ci appare come dialogo tra contraddizioni, tra pregiudizi e opinioni sparse. Intorno a noi ogni cosa muta, ma mutando distrugge ciò che con fatica e ostinazione abbiamo costruito nel tempo. Quando crollano le nostre certezza, crolla la nostra realtà ma non quella degli altri. Potrebbe essere solo una questione di punti di vista, fatto sta che la realtà è il teatro di un dramma quotidiano, anche quando restiamo fermi in un punto, chiusi in una stanza, sigillati in noi stessi. Essa è fredda fin quando non la attraversiamo, resta lì come una dimensione che ora ci accoglie e ora ci scaccia. Fa paura la realtà? La filosofia è capace di leggerne i meccanismi o anche lei si sta solo esercitando?

Il libro di Stefano è un’opportunità, una sorta di Psicologia della vita quotidiana in chiave metafisica; può sembrare un paragone azzardato, ma serve a rendere l’idea su quel concetto di attraversamento che l’autore ha voluto indagare.

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