La potenza dell’errore, ma guai a dirlo
Articolo e foto di Martino Ciano
La potenza dell’errore è in agguato. Una ragazza cammina guardando lo schermo del suo telefonino. Sta registrando un video TikTok. Muove la mano destra come un vigile urbano, dirige le emozioni, sussurra qualcosa con le labbra, forse la canzone scelta come colonna sonora per la sua performance. In questo modo sincronizzerà le sue labbra alla voce della cantante, così sembrerà che a cantare sia proprio lei.
Mentre cammina inciampa, ma riesce a fare apparire anche questo sbilanciamento del corpo come qualcosa di calcolato e di programmato; infatti, sorride alla telecamera e prosegue la sua passeggiata sensuale con la testa tra nuvole virtuali. Chi assiste alla scena ride, fa battute, fa smorfie di incredulità. Tutto vero, invece.
Epifania dell’assurdo? No, ormai è così. Non è il primo caso, anzi ho letto sul giornale di un diciassettenne che per girare un video è stato investito da un autobus. Gli hanno salvato la vita, ma gli hanno dovuto amputare una gamba. Nessun giudizio frettoloso, solo amor di cronaca, ché tutto ciò ci sarà riconsegnato tra qualche anno in libri di psicologia e sociologia.
La virtualità innamorata di sé stessa ci ha catturato, ci ha trasformato in allegri protagonisti vestiti di pixel e megabyte animati. Saremo parte di una intelligenza artificiale più attraente di quella animale e umana. Ma quella nostra ha come sua arma evolutiva una cosa che oggi non bisogna citare: l’errore.
Guai a pronunciare questa parola. L’uomo non può sbagliare, non deve commettere errori; tutti gli studi stanno cercando di produrre cose e pensieri che non contengano errori. L’errore va cancellato dalla faccia della terra.
Eppure, questa cosa della “potenza dell’errore” la disse per la prima volta Alan Turing, che dell’intelligenza artificiale è stato il pioniere. Secondo lui, attraverso i propri sbagli, la mente umana elabora soluzioni, scopre altre cose, diventa creativa, studia come superare l’ostacolo; questo meccanismo ha permesso di farci progredire. Una macchina, un software, davanti a un errore si bloccano e smettono di funzionare.
Ma è meglio che io stia zitto, che è già sbagliato parlarne, visto che è considerato un argomento da bigotti. Infatti, oggi c’è anche il rischio che se non sei d’accordo con una tendenza ti rovinano la reputazione con la storia del moralismo.
Magari, un gruppo di giovanotti armati di bastoni, un giorno, alla scordata, ti insegue gridando “abbasso il tuo moralismo, viva la libertà”; e se ti acciuffano ti buttano a terra e ti pestano giusto per impartirti una lezione di tolleranza… Ah, mi dicono che anche questo è già successo.
Insomma, non c’è più nulla da inventare.
Tra un po’ morirà persino la fantasia.
Tutto è prendibile, sfruttabile e replicabile… anche per farsi massacrare di botte.