Edipo in fuga. Emilio Nigro e la poesia dell’eterno ritorno

Edipo in fuga. Emilio Nigro e la poesia dell’eterno ritorno

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Edipo in fuga” di Emilio Nigro, Les Flaneurs edizioni, 2022

L’Edipo in fuga del poeta cosentino Emilio Nigro è la voce di un’umanità che inconsciamente fugge dai suoi rimorsi. Edipo è ognuno di noi nel momento in cui la gabbia gli viene improvvisamente spalancata e al quale si impone di non pensare ai tabù infranti, perché il peccato è libertà per gli Dei, mentre solo per gli uomini è ancora terrore.

Il poeta ha svelato gli enigmi, ora deve rinascere, pur sapendo che dovrà muoversi tra altre contraddizioni, perché vita e morte sono tanto opposte quanto simili: si nasce e si torna a essere un seme, si è stati piantati e poi si verrà travasati. Si germoglierà sempre allo stesso modo?

Tornare alla certezza del fallire/al rassegnato tiro di dadi/per tentativo/poi stupirsi d’un vicolo cieco/uno sguardo sboccato/il sapore di rovo canino.

La poesia di Nigro è la presa di coscienza che la parola va subito tramutata in fatto, in azione che si compie, si racconta e si tramanda, in evento che si ripercuote nell’angoscia della quotidianità. Sulla testa di ognuno di noi si pone l’ombra della ricerca dell’amore materno assoluto, che può essere conquistato solo con il cruento omicidio della propria radice, ossia il padre d’ogni catastrofe.

Ma siamo in grado di recidere i nostri legami?

Torno/ perché altrimenti non avrei principio/nessun posto dove andare/nessuno dove fallire… Torno e non so perché./Occulto magnetismo/richiamo oscuro/venire posseduti/e trovarsi al principio/in utero.

Tra impegno civile, tra intima confessione, tra versi di profonda umanità, Nigro non è solo poeta, ma autore della biografia umana. C’è il peso del primo tabù infranto, della legittima richiesta di determinarsi, perché ciò che fa di lui uno scrittore consapevole è l’aver compreso quanto l’uomo sia incapace di governare la libertà, il bene e il male.

Ecco che la fuga è svuotamento dell’attesa, è volontà di potenza, è attestazione di indipendenza, ma tutto si riduce a tentativi ripetuti attraverso i quali si ricostruisce la Storia della sopravvivenza collettiva.

Tra questi versi si è gettati tra gli uomini, si è alla mercé di ognuno, si è espressioni della “nuda vita”. In sostanza, si è di tutti proprio perché al di sopra di ogni categoria socialmente accettata; come gli esseri sacri, separati dal resto, meritevoli di essere sacrificati per sedare la rabbia del Cielo.

Poetare è malattia/di sentire trafitti/la polvere alzata dai piedi/i tonfi dei frutti maturi.

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