Dove si va
Racconto e foto di Anna Maria Masucci
«Nella certezza che la vita dopo la morte c’è…» la voce di don Carlo risuona forte e piena, mentre pacato guarda dritto in l’alto come a chiedere conferma. Sposto lo sguardo dalla bara di mio padre all’immagine del Cristo risorto dietro l’altare. «Dove si va, quando si muore?» gli chiedo e il cuore accelera i battiti.
È la domanda che feci a mio padre tra le lacrime davanti al corpo del nostro cane morto in cortile. Avevo solo sei anni, la morte non mi riguardava, era qualcosa di lontano o almeno così credevo fino a quel pomeriggio quando di colpo decise di accorciare la distanza. Mio padre cambiò espressione, abbassò gli occhi commosso e pulì il muso del cane dalla bava secca. Poi prese un lenzuolo vecchio in garage e vi avvolse il cane con delicatezza.
«Dove si va, quando si muore?» dissi ancora più forte strattonandolo per un braccio. Lui si morse un po’ le labbra, sollevò il cane da terra e lo mise nella carriola. Io rimasi ferma là con il respiro sospeso, lui che aveva sempre una risposta si allontanò spingendo in silenzio la carriola. Non mi arresi, lo rincorsi delusa. Mio padre si fermò nel campo incolto poco dietro casa nostra, prese la pala e iniziò a scavare la fossa. Mi si chiuse la gola, ricominciai a piangere disperata. «Dove si va …» strillai con quanto fiato avevo in gola.
Lui continuò a scavare e senza voltarsi: «Si va in cielo.» disse sbrigativo, la voce gli tremava un poco.
Mi strofinai gli occhi. «Ma in cielo dove?»
Lui posò la pala a terra, si passò la mano sulla fronte e girò verso l’alto gli occhi. Spaziò il cielo con lo sguardo: «Sulla luna!» disse a bassa voce, «Così quando ti senti triste, sai arò guardà.»
Non ricordo se gli credetti o feci finta di credergli, so solo che quella bugia mi consolò.
«Di fronte alla morte di Vincenzo, prematura e ingiusta, non chiediamo al Signore il perché, ma chiediamo di alleviare la sofferenza dei familiari.» conclude don Carlo scuotendo la testa e scandendo le parole, mentre io prego Dio di darmi una risposta. Poso la mano sulla mano di mia madre, il suo dolore è il mio dolore, siamo due vasi comunicanti. Non c’è conforto.