Domenico Frontera, Khaos e Limite, Emersioni

Recensione di Martino Ciano – Già pubblicato su Gli amanti dei libri

Il Caos non ha un limite, piuttosto appare a noi come qualcosa di incomprensibile.

Laddove l’uomo ha posto dei paletti al conoscibile, tutto è stato trasformato in ordine, in sapere, in contraddizione, in insensatezza. Ma cosa è rimasto tra le mani dell’umanità?

La poesia di Domenico Frontera gioca con tutto questo. Nei suoi componimenti c’è la lucida visione di chi ha capito che ogni cosa sfugge. Impossibile conoscere la cosa in sé, bisogna accontentarsi di ciò che appare e dei fenomeni; e sebbene la curiosità spinga l’uomo a oltrepassare il limite, il caos non è governabile, anzi, anche ciò che abbiamo ordinato si scompone davanti ai nostri occhi.

Mettere in versi tremila anni di filosofia è stato un esperimento difficile, ma Frontera è riuscito nell’intento. Certamente, non era il suo scopo, ma non sfuggirà all’occhio attento questa voglia di penetrare tra gli abissi del pensiero, tra quei concetti che appaiono nella loro pienezza solo nel momento in cui si attraversa il molle terreno dell’Essere. C’è un esistenzialismo estremo nelle parole del poeta crotonese, perché esistere è l’unico verbo con cui l’uomo non vuole mai fare i conti.

Frontera non si pone una meta, perché nel Caos la meta è un limite e dettare un ordine è come pronunciare una mezza verità. Non c’è nulla di vero e nulla di falso nel cosmo, ma solo una inspiegabile tensione che si palesa ai nostri occhi in molteplici forme.

Quando Gorgia diceva che Nulla è. Se anche qualcosa fosse, non sarebbe conoscibile. Se anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile agli altri. Voleva intendere proprio questo: nessuno conosce la verità. Così, anche la scienza è una materia che spiega, che si accontenta di ordinare, che si compiace di aver conquistato un dominio limitato, ma basta poco per rimettere tutto in discussione.

Cos’è allora la poesia di Frontera? È la sua risposta al Caos, in quanto ognuno parla per sé; è il suo ordine, che non può essere né vero né eterno; è un limite che non può essere superato, perché a nessun uomo è data la possibilità di giocare con Necessità, Destino e Giustizia; sono le parole di un poeta che non chiedono altro di essere ascoltate, meditate e contraddette, perché non è la ragione la chiave di lettura del Caos, ma l’abbandonarsi a esso, come hanno ricalcato anche Giuseppe Cerbino, autore della prefazione, e Paolo Fiore nella sua postfazione.

Buona lettura.

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