Diario di una Prof
Testo ed elaborazione grafica della foto di Daniela Grandinetti
22 febbraio 2018, in una quarta classe di un professionale
Ieri pioveva a dirotto. Ci sono sabati in cui il suono della campanella è così liberatorio che potresti piangere. Ero stanca. La mattina mi ero svegliata con Nick Drake nella testa e The day is done continuava a girare nonostante tentassi di spegnerla.
È una settimana che mi dico “domani rimango a casa”, poi non lo faccio. Non è sempre entusiasmo, rose e fiori e so che in qualsiasi professione ci sono momenti di stanchezza. Il fatto è che quando ogni giorno varchi la soglia di un’aula scolastica è come se ti buttassero in una vasca di anguille vive e tu, volente o nolente, devi cercare di acchiapparle.
I ragazzi si aspettano sempre qualcosa da te. Prima di tutto energia. Ma a volte sei lì, come una spugna asciutta, spremuta e lasciata andare. Non hai voglia di loro, anzi vorresti urlare che sei stanca e non ne puoi più delle loro stronzate, dei loro cellulari che sono un’epidemia, del loro menefreghismo. Vorresti stare seduta, ferma e zitta e fissarli immobile. E sfidarli con il silenzio. Il fatto è che non puoi.
Due giorni fa sono stata durissima con M., mi ha esasperato, avessi potuto gli avrei tirato il collo. Tu sei lì che provi in tutti i modi a cercare di coinvolgerlo, motivarlo, lo hai promesso anche a sua madre, che è disperata e non sa che fare.
Ma cazzo, ha diciotto anni e ci ammorba pure con le sue scorregge. Non ha alcuna capacità di controllo o uno straccio di consapevolezza di non essere da solo nel suo bagno. E allora fanculo! Vai a lavorare e chissenefrega! Per quello che mi danno sono stufa di fare l’assistente sociale. Non posso sempre fare il minatore in miniera a scavare per portare alla luce il tesoro senza neanche sapere se c’è davvero un tesoro da portare alla luce. Io Manzoni devo insegnare, non la voglia di stare al mondo con un minimo di decenza.
Anch’io, che credete, ho i cavoli miei, e belli pesanti anche. E Nick Drake continua a cantarmi nella testa e voi nemmeno sapete chi è, con quelle musiche insulse che vi sparate nelle orecchie che basta uno sputo a metterle insieme.
Sì, avrei bisogno di uno stacco. Il fatto è che sul foglio per chiedere il permesso non ci sta la voce “necessità di ricaricare bellezza prima che li faccia fuori tutti.” O anche semplicemente: “Riposo”.
L’energia non ce l’hai, la devi trovare ogni giorno. Inventando.
Quella che è passata è stata una settimana difficile, di quelle che ti mettono alla prova, e la pioggia che non smette rende tutto uggioso.
Poi accade che la domenica mattina, alla fine di una settimana difficile, accendi il Pc e trovi un messaggio: F., un ragazzino che avevi lo scorso anno, ti scrive: “Buongiorno prof. Come sta? Io con la prof di quest’anno non vado per niente d’accordo. Per favore l’anno prossimo, può tornare da noi?”
Sei in trappola. Senza scampo.