Di amore e di madre

Di amore e di madre

Di Martino Ciano

Mi sono nascosto agli occhi dell’opportunità, travolto solo da una passione che scava dentro, goccia dopo goccia, sogno dopo sogno, necessità dopo necessità. Mi chiesero un giorno cosa fosse l’amore e io risposi che non c’è risposta, che in questi casi una parola vale l’altra, che una frase pesa quanto l’altra, che ogni definizione è stupida e volgare quanto basta.

Mi dissero che l’amore è qualcosa che a volte è bello e a volte e brutto, che a volte ti fa gioire e che a volte ti intristisce. Un’altalena insomma, ecco, magari potremmo spiegarlo così a un bambino. Immagina l’amore come un’altalena. Adesso però, non ditemi cos’è l’amore, che oggi non ho voglia di ascoltare lezioni.

Prego in modo strano, in preda all’afasia spirituale. Rivolgo un appello, ripetuto fino alla noia al mio cervello, mentre pedalo lungo una strada. Una strada è tutto, prima o poi termina e infinita è solo negli occhi del cuore. Ma nessuna parola mi è uscita come avrei voluto, per questo mi sono affidato a qual vecchio quaderno che contiene gli scritti composti in anni bui e ignoranti, spensierati e giocosi, colpevoli di ogni dimenticanza.

E torno così al primo amore, di madre e di ragione, di inopportuna vastità, ché se avessi voluto seppellire ogni cosa, getterei i panni dell’uomo, per restare nudo come quando uscii da lei. Vorrei tornare alla paura dei coraggiosi, degli uomini che anche quando amano un’altra donna si ricordano che da una donna sono nati e che tramite la bocca di un fiore hanno ruggito per la prima volta.

Baciami madre, che un giorno si quieteranno tutti i venti contrari…
e sarà notte e poi di nuovo giorno,
si attraversano così gioventù e vecchiaia?

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