Consumismo e defecazione… e leggo Luciano Bianciardi

Consumismo e defecazione… e leggo Luciano Bianciardi

Articolo di Martino Ciano. Foto dal web

Abbiamo giocato con il tempo, forse anche troppo. Come bambini impertinenti colti da striduli rimorsi, abbiamo cercato le carezze di troppe mani; ci siamo fidati di quelle lisce e abbiamo allontanato quelle callose. Eppure, erano quelle rovinate dalle intemperie le più sincere. Nell’animo mio vige ancora la lotta di classe, quella gioia antimoderna che fa della nebbia una prateria.

Nessuno mi disse mai chi era l’anarchico Luciano Bianciardi, ché lui è morto neanche cinquantenne, con qualche vizio e tanto amore per la solitudine. In un cantuccio ha speso gli ultimi momenti di vita, odiando gli intellettualoidi ipocriti, i radical chic, gli uomini dalla trippa larga e dalla protesta sempre pronta. Nel suo La vita agra, cazzeggia con il miracolo economico italiota che stava rendendo tanti dei poveri arricchiti, tutti drogati di benessere, tutti pronti ad alimentare nevrosi su nevrosi. L’indigenza pareva sparita, invece c’era ancora e colpiva anima e portafoglio di molti disadattati. Lui era un disadattato, un povero fesso a cui non piacevano le regole del gioco. Con un lavoro precario, con idee chiare e coerenti nel mezzo di una società in liquefazione e avviatasi alla schiavitù della compravendita, si sentì come un adolescente che non voleva crescere, che non voleva compromettersi.

Che lui non fosse pronto per fare il grande passo verso l’età adulta, lo capì una mattina, quando si stava accingendo a entrare in bagno per la cacata quotidiana. Ricorda che suo padre dava grande importanza a quel momento. Infatti, secondo il padre, in quel quarto d’ora non bisogna pensare a nulla se non a cacare il più possibile. Il risultato di quel rito officiato dal padre era magnifico, perché Bianciardi ricorda che il padre lasciava in bagno un odore virile, di sterco impregnato di tabacco, tipico dell’uomo fatto, ben inserito nella società. Per Luciano, invece non era così. Lui entrava in bagno con il giornale, leggeva le notizie, i particolari, si distraeva dalla defecazione. Se poi rapporto a me questa cosa, visto che nel bagno, tra i miei odori, ho preparato interi esami universitari, mi rendo conto che forse anch’io ho messo da parte da un bel po’ la mia volontà di fare il grande passaggio.

Ma poi, questo ingresso nella società degli adulti è così necessario? D’altronde, uno dei valori portanti del consumismo non è quello di rendere tutti eterni adolescenti sempre pronti a sperimentare nuove emozioni, nuovi percorsi di vita, nuove sensazioni, come se la vita fosse sempre giovane, frizzante, allegra, eterna e stupefacente? In fondo, questo stato di cose già lo stiamo vivendo. Non abbiamo più bisogno della prova della merda, anche coloro che sono animati da un fuoco di ribellione sono ben piantati nella società dei consumi.

La vita agra se ne sta lì, nella mia libreria, in un posto particolare. Mi ricorda che sessanta anni fa, il buon Bianciardi aveva raccontato di un uomo di provincia, ossia aveva parlato di lui. L’ha fatto così bene che ancora oggi tanti vi si rispecchiano, proprio perché né voleva essere uomo contemporaneointellettuale. Sapeva che non ci sarebbero stati altri momenti per farlo.

Post correlati