Arcana. Giordano Bruno e la libertà di pensiero

Arcana. Giordano Bruno e la libertà di pensiero

Articolo di Albino Console

Spirito ribelle e grande filosofo, Giordano Bruno fu condannato dalla Chiesa per le sue idee anticonformiste su Dio e sul mondo: morì bruciato sul rogo nella piazza di Campo de’ Fiori a Roma nel 1600. Sosteneva che Dio e l’Universo sono due nomi per un’unica realtà, considerata ora come attività creatrice, ora come varietà di cose create e realizzate. Per il suo coraggio è diventato un simbolo del libero pensiero.

Nacque a Nola nel 1548 e a 17 anni entrò nel convento di San Domenico Maggiore a Napoli. Sospettato di eresia, nel 1576 fuggì a Roma, si spogliò dell’abito domenicano e cominciò a peregrinare per molte città europee. Entrando in contatto con il mondo protestante e diventando, per un breve periodo, calvinista.

Nelle sue opere utilizzò uno stile e un linguaggio assai particolare, a volte rozzo e dialettale, a volte complicato, ma sempre capace di esprimere con grande potenza la sua ansia di libertà e verità. È facile intuire come già solo questo aspetto, nel passato, avrebbe contribuito a creare non pochi problemi. Molto spesso, filosofia e cultura, soprattutto quella religiosa, non potevano e non dovevano essere alla portata di tutti, un popolo ignorante, poteva essere controllato, un popolo pensante, un popolo convinto a porsi delle domande, sarebbe stato più difficile da governare. Alla chieda cattolica, non conveniva, che i fedeli si ponessero delle domande, era invece preferibile che continuassero a credere ciecamente in quelli che invece erano i dogmi imposti.

Anticonformista era infatti proprio il suo pensiero su Dio e sul creato: “Affermata l’infinità del mondo, il rapporto tra Dio e le sue creature non poteva più essere concepito come quello tra un essere trascendente e un mondo creato. Per Bruno la realtà è unica e Dio creatore non è diverso dalle cose che crea: si tratta di considerare il principio divino come essenza creativa presente in tutte le cose e il mondo come molteplicità di possibilità realizzate da Dio, nelle quali tale essenza divina si manifesta. Come natura creatrice, cioè Dio, la realtà è una, omogenea e immutabile.  Come natura creata, cioè le cose del mondo, la realtà consiste nell’infinità dei mondi (tra cui la Terra), degli oggetti e degli eventi che cambiano e si modificano e nei quali Dio dispiega le sue potenzialità infinite”.

Furono proprio queste idee, così innovative ed anticonformiste e la forza e la tenacia con cui scelse di difendere a segnare la sua fine ed allo stesso tempo a consacrare il suo nome alla storia. Proprio nel luogo dove il rogo mise fine alla sua vita terrena, sorge oggi una statua ad eterna memoria dei valori che portò avanti e che mai, nemmeno davanti alla minaccia di morte, volle abbandonare. A dimostrazione di quanto può essere forte un pensiero, di quanto profondo è radicato possa essere un ideale, la storia ha potuto tramandarci come, il ricordo delle gesta di Giordano Bruno sono state sufficienti a portare avanti il suo ideale di pensiero libero anche diversi anni dopo la sua morte. Singolare in questo senso, proprio la storia relativa alla costruzione della statua in suo onore. Una prima versione, fu eretta durante la repubblica romana del 1849, ma ebbe vita breve. Fu distrutta pochi mesi dopo, non appena tornato sul soglio pontificio pio ix.

Questo però, non mise fine al desiderio di coloro che erano stati ispirati dal suo pensiero, di portare avanti i principi per cui egli si era battuto.

Nel 1885, fu formato un comitato per la costruzione di un monumento al monaco ribelle, cui aderirono le maggiori personalità dell’epoca: Victor Hugo, Michail Bakunin, George Ibsen, Giovanni Bovio, Herbert Spencer e molti altri. La battaglia fu dura e lunga. Il consiglio comunale, controllato da una maggioranza filo-clericale, si oppose in ogni modo, tanto che la questione divenne il simbolo della lotta del libero pensiero contro l’oscurantismo e una sfida alla Chiesa e al papa. La situazione si sbloccò solo dopo le elezioni amministrative del giugno 1888, con l’entrata in Consiglio comunale di una nutrita rappresentanza della sinistra radicale e repubblicana, tra cui il Ettore Ferrari, che sarà poi l’artefice del monumento (e che nel 1904 sarà eletto Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia). La statua fu inaugurata il 9 giugno 1889, in quel Campo de’ Fiori dove era arso il rogo, con la partecipazione di un’immensa folla festante.

Una storia travagliata, ma non ancora conclusa. Al tempo dei Patti Lateranensi (1929) si parlò di forti pressioni vaticane perché la statua fosse demolita come segno di “riconciliazione” fra le due Italie, quella laica e quella cattolica. Ma alla fine non ne se fece nulla e ci si limitò a vietare ogni forma pubblica di commemorazione e di omaggio alla figura del martire.

Questa, ovviamente, solo una piccola parte di quella che è la storia di Giordano Bruno, ma che ancora oggi, nel mondo che noi abitiamo, ci da la possibilità di riflettere su quanto possano essere delicati i concetti di libertà e di giustizia. I grandi uomini, ho sempre pensato, non verranno ricordati soltanto per ciò che hanno fatto in vita, ma anche e soprattutto per le vite che sono riusciti ad ispirare. Per quello che il loro ricordo ha lasciato a chi è venuto dopo di loro. Il ricordo di Giordano Bruno, ci fa riflettere. Ci fa riflettere su quanto, in alcuni casi, sia difficile portare avanti i nostri pensieri ed i nostri ideali.

In questo, come in moltissimi altri casi, la storia di un Fratello Massone mi ha dato la possibilità di pensare a come, nonostante il progredire della storia, troppo spesso, niente cambi. Gli uomini continuano ad essere spaventati da quello che non comprendono, continuano a vivere nel timore di esprimere loro stessi al massimo di quelle che sono le loro possibilità. Continuano ad aver paura di martellare la loro pietra grezza. Continuano ad essere a schiavi di dogmi e di preconcetti che sono imposti da terzi.

In passato sono state combattute numerose guerre allo scopo di controllare le masse, di mantenere un illusorio potere terreno, oggi in tanti casi, avviene lo stesso allo scopo di conservare qualcosa di ancora più effimero: la ricchezza. Gli uomini, non avendo più il coraggio di lottare per i propri ideali, di combattere in nome di verità e giustizia, combattono per guadagnare, sempre di più, convinti che questo potrebbe forse teneri al sicuro. Certi del fatto che una volta che avranno la possibilità di comprare tutto, non rimarrà loro più nulla da desiderare. Il Dio denaro è oggi la più venerata fra le divinità. In grazia di denaro e potere oggi molti uomini sono disposti a rinunciare ad ogni cosa, a vendere ogni cosa, finanche i loro ideali. Basta guardarsi intorno, accendere la tv e sintonizzarsi su un telegiornale per vedere quanto possa essere, in alcuni casi, vuoto il cuore e lo spirito di troppi uomini.

Allora, vorrei concludere la mia tavola con un invito alla riflessione, prima per me stessa e poi per chiunque avrà voglia di ascoltare, di interrogarsi e di provare a trovare una risposta, che anche se sbagliata, avrà dato la possibilità di sfruttare una di quelle che abbiamo imparato a conoscere come fra le più potenti e longeve delle armi: la libertà di pensiero. La libertà di esprimere e poi difendere le nostre idee.

Cosa potremmo e dovremmo fare noi, uomini e donne liberi, Noi Massoni, al fine di assicurarci che non solo noi stessi, non solo i nostri Fratelli e le nostre Sorelle, ma tutti, fermo restando il rispetto dell’altro, possano vedersi garantita la libertà di esprimersi?

*In foto, Albino Console, Rispettabilissimo Maestro Venerabile della Rispettabile Loggia Lux Solis della Gran Loggia D’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori

**Fonti, Enciclopedia Treccani Vento largo: cultura, arte, politica e società “Giordano Bruno e la massoneria scozzese”

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