I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni

Recensione di Pina Labanca. In copertina: “I miei stupidi intenti” di Bernardo Zannoni, Sellerio
È un animale il protagonista di questa storia, sono tutti animali: bestie in un bosco. Sono pronti a sbranarsi tra di loro, vive chi sopravvive, vive chi sazia la fame.
A meno che…
A meno che non si metta in mezzo (e poi di traverso) la parola: la parola scritta.
A meno che non si metta in mezzo (e poi di traverso) il senso del tempo: la morte.
A meno che non si metta in mezzo (e poi di traverso) Dio: il senso della morale cristiana.
Allora crolla tutto, se non tutto… qualcosa.
Nasce il dubbio.
Agonizza l’istinto.
Muore l’innocenza.
Bernardo Zannoni ci mette a quattro zampe. Siamo noi in quel bosco, con le narici spalancate e l’omicidio sotto l’unghia, l’incesto e il cannibalismo, se non fossimo stati corrotti dalla parola, dal tempo, da dio: condannati al ragionamento, al sentimento (… già, persino all’amore!), a un ideale di salvezza.
In quel bosco, gli animali sono nudi.
E senza maschere.
Sono veri, autentici, fuori da imperativi morali, ché la vita, di per sé, sarebbe cieco impulso e movimento. C’è una tragedia nell’acquisizione della coscienza, della ragionevolezza, del pensiero, delle sensazioni. Sono potenti le immagini che Bernardo Zannoni fa sprigionare dalla sua faina ormai corrotta: non quando ha fame di cibo (magnifiche descrizioni per cuori forti), ma quando ha fame di-tutto-il-resto.
Come si sopporta la vita?
A che scopo?
A queste domande tenta risposte un animale (con l’aspirazione di essere-uomo).
“… mi venne facile insegnargli a leggere e a scrivere. Non parlai mai di Dio, né della morte; decisi di salvare la sua vita dai grandi dilemmi che mi avevano afflitto, di lasciargli un’esistenza da animale.”
Con “I miei stupidi intenti”, Bernardo Zannoni ha scritto una bella fiaba crudele, assetata di amore e di umanità.