Cocaine City

Cocaine City

In copertina: “Premana” di Laura Piatti, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons. Dettagli licenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Premana_%22citt%C3%A0%22.jpg

Racconto di Francesco Di Giorno

Questa dove vivo è una città nervosa.

Può capitare di stare fermo in attesa del verde, aspettare l’estate e godere intanto del primo caldo della primavera, sbirciare curioso intorno a te il cambiamento che arriva insieme alla stagione dei fiori, ma può capitare che ad un tratto ti si accosta uno scooter, di quelli grossi e dal motore potente. Col casco militare scorgi un uomo pieno di muscoli che col primo caldo già veste estivo. Il tempo che gli sguardi si incrocino che ti senti dire: “che cazzo ti guardi? Se non ti sta bene la sigaretta che ho buttato a terra vieni a spegnerla tu!” Intanto scatta il verde, lo scooter è già oltre l’orizzonte e tu sei ancora fermo e partono i clacson e gli insulti.

L’altro giorno ero in auto con un amico, giravamo senza una meta precisa tra battute di spirito e silenzi rivelatori di tanta intimità. Becchiamo l’ultimo microsecondo di un arancione lampeggiante e dispettoso. Siamo costretti a fermarci e ne approfittiamo per cercare quel cd che chissà dove era andato a finire. Pian piano si crea la fila, i primi scooter spengono i motori, le bici si intrufolano sempre più avanti. I secondi sembrano scorrere pesantissimi. I vigili stanno nelle loro belle cabine e sbirciano da tutti i lati le vetture ferme e quelle che sfrecciano.

È un incrocio enorme, di quelli che devi stare attento davvero. Ma questa dove vivo è una città aggressiva, la pazienza dura il battito debole di una farfalla stanca. Non vedono l’ora di sfrecciare al primo accenno del verde. Anzi, c’è chi sbircia il semaforo opposto per vedere quando diventa arancione per prepararsi meglio allo scatto anziché godere dei magnifici monumenti che sono dappertutto in questa città. Ma i secondi di attesa al semaforo sembrano ore e cominciano le invettive contro il gabbiotto e i loro occupanti. Tutti scalpitano intanto. Gli scooter si riaccendono uno dietro l’altro, il ciclista fa il mezzo giro sui pedali per darsi maggiore spinta e le auto cominciano a urlare la loro impazienza. Insieme ai clacson si sentono le grida di insulti, come in un unico coro da stadio, indirizzate ai vigili barricati nel gabbiotto verde. Non sono volti, sono musi, ghigni che nascondono famelici propositi. Finalmente scatta il verde e tutti partono all’impazzata. Contemporaneamente c’è il vigile che scende quei tre gradini del gabbiotto, libero di respirare ma viene ancora insultato dalla coda del traffico, con ultimi schiaffi improvvisi. Noi ci siamo accostati, dovremmo chiedere informazioni in teoria. In pratica però desistiamo e decidiamo di procedere e chiedere altrove. Sentiamo il vigile che impreca al vento e in direzione della lunga coda di auto ormai lontana. “Bastardi, bastardi, bastardi”. Ossessivo compulsivo e sono appena le dieci di mattina!

Non c’è nessuno che accarezza questa città, a volte penso che sia sola come me. Nessuno sente la sua agonia, quella voce che urla un dolore solo per attirare attenzione. Questa dove vivo è una città che brucia. Dannata. Maledetta.

L’altro giorno è uscita la notizia di quell’uomo che ha subito un incidente. Stava semplicemente attraversando la strada, un camion in retromarcia in cerca del parcheggio non lo vede e lo investe. L’ambulanza arriva dopo quaranta minuti e altrettanti ne impiega per arrivare in ospedale, giusto il tempo per appurare che nel frattempo lo sfortunato era deceduto. Era uscito per comprare le medicine per la pressione e per il suo cuore. Dopo tanti anni che si abita in questo groviglio di città qualcosa salta nel cervello, nel fegato, nei polmoni. La notizia l’ho letta in un piccolo trafiletto in un giornale gratuito. Dieci righe, forse anche tante per un signor Nessuno. Quando le strade sono bloccate l’ambulanza fa veramente fatica a passare, senti quasi la sirena smorzarsi, arenata tra scogli di metallo colorati. Non ci sono piste ciclabili degne di questo nome, ma ci sono corsie preferenziali. Ci passo ogni giorno accanto per andare a lavoro. Dovrebbero essere frequentate molto di più da autobus, tram, taxi, dalle ambulanze, croce gialla, croce rossa, croce verde, e invece cosa vedi spesso e volentieri? Le fantastiche auto blu con la sirena spenta in bella vista. Ci sono più auto blu che ambulanze! I finestrini oscurati nascondono un super dirigente di un qualche partito politico o di una qualche società S.p.A. a maggioranza statale. Non sapranno mai del povero signor Nessuno perché leggono il Sole 24 ore oppure il Messaggero. Tra l’altro sono concentratissimi e quindi non badano a nulla. Vivono in una dimensione del tutto diversa da quella in cui viviamo noi.

Loro non sono aggressivi, no loro no…ma vuoi vedere che sono proprio loro che rendono la città così nervosa? Rifletto, un attimo prima di sbraitare “Bastardi, bastardi, bastardi”.

 

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