Christopher Isherwood – Addio a Berlino – Adelphi

Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Zona di Disagio

Sarà stata un’esperienza magnifica quella vissuta da Christopher Isherwood.

Non riesco a immaginarmela diversamente. Lo capisco leggendo le pagine di questo libro-diario, composto da sei storie che mi fanno immergere nell’atmosfera tragicomica della Repubblica di Weimar di inizio anni trenta. Il nazismo è alle porte, la gente di Berlino guarda con diffidenza le SA, questi giovanotti nerboruti in camicia bruna che scorrazzano lungo le strade per difendere le fanciulle ariane dalle occhiate seducenti dei ragazzi ebrei. La contaminazione razziale? Che brutta cosa! Va evitata, persino con la violenza. Ma la Berlino di quegli anni non è solo pestaggi, ma anche libertà sessuale, povertà mista a confusione ideologica, insiemi di parole sbandate in cui il popolo si perde. Qualcuno è antisemita solo a metà, manderebbe al rogo solo una parte dei giudei; altri invece sono comunisti perché questa corrente offre libertinaggio a basso costo o ideali da usare nei momenti di noia, durante quelle giornate in cui non si ha nulla da fare… dopotutto, nella Repubblica di Weimar, la disoccupazione è alle stelle.

Sì. Penso proprio che Christopher Isherwood si sia divertito tanto nel corso del suo pellegrinaggio nei quartieri popolari di Berlino. Ha anticipato di qualche anno ciò che ha fatto Pasolini nelle borgate romane; solo che a differenza dello scrittore italiano, Isherwood non si è interessato dell’aspetto antropologico, ma si è fermato ai fatti. Dopotutto, non è un approccio sbagliato, perché lascia la parola ai personaggi che ha infilato nei suoi racconti. D’altronde, quando incontri persone come Sally Bowles, Fritz Wendel, Otto, Frau Nowak o Bernhard Landauer, che appaiono così eccentrici ma confusi, così spaesati ma con i piedi per terra, così convinti delle loro idee ma sempre pronti a cambiar partito, cosa c’è da analizzare?

E proprio lui, Isherwood, britannico pigro e dotato di humor nero, che per sbarcare il lunario dà lezioni di inglese, non poteva trovare posto migliore per iniziare a scrivere un romanzo. Il nazismo in fondo è stata una tragedia giunta con leggiadria, mentre ogni persona povera e disperata aveva come unico obiettivo quello di affermarsi. È la storia di Sally Blowes, che vuole fare l’attrice; è la commedia del giovane Otto, che per vincere le sue paure indossa la camicia bruna delle SA; è la parabola di Bernhard Landauer, ricco commerciante ebraico, per nulla spaventato dai pogrom perché scommette sul buonsenso dei tedeschi… come se fosse un affare.

E così, con ironia e leggerezza, Isherwood scrive il suo omaggio alla Berlino di inizio anni trenta. Il suo Addio a un’epoca confusa ma in cui ancora c’era la speranza.

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